Iacopo Scaramuzzi
CITTÀ DEL VATICANO
A UN MESE

esatto dall’elezione, è iniziata la rivoluzione gentile di Jorge Mario Bergoglio. Qualcuno, dentro e fuori il Vaticano, pensava che Papa Francesco fosse un simpatico ‘parroco’, buon comunicatore un po’ originale, uno che parla di tenerezza e poco di più. Non aveva capito niente. Ieri la Santa Sede ha annunciato che, senza fretta, Bergoglio si appresta a rivoltare il Vaticano da capo a piedi. Il Pontefice ha infatti costituito un gruppo di otto cardinali «per consigliarlo nel governo della Chiesa universale».
Questa sorta di cabina di regia, in particolare, dovrà «studiare un progetto di revisione della Costituzione Apostolica Pastor Bonus». Si tratta della legge vaticana che disegna la Curia romana, dalla Segreteria di Stato ai dicasteri economici passando per congregazioni, pontifici consigli e tribunali. Fu Giovanni Paolo II, nel 1988, a promulgare la Pastor Bonus per adeguare la burocrazia vaticana ai tempi, ma in realtà la vera riforma epocale l’aveva fatta Paolo VI nel 1967 con la Regimini ecclesiae universae. Quando fu eletto Papa, Montini, che aveva esperienze (negative) della Curia, cambiò tutto, rendendo gli uffici più efficienti e attribuendo un peso enorme alla segreteria di Stato. Decisione saggia all’epoca, divenuta però, col passare dei decenni, insostenibile. Tanto che lo strapotere della segreteria di Stato ha innescato, nell’era Ratzinger-Bertone, una fronda sfociata nella velenosa vicenda dei «Vatileaks».

Dimettendosi, Benedetto XVI ha dato uno schiaffo simbolico alla Curia. E i cardinali giunti a Roma per il Conclave hanno raccolto il testimone discutendo a lungo su come raddrizzare le cose e dando al nuovo Papa il mandato forte di riformare l’organigramma vaticano.

GLI OTTO

cardinali sono uomini di grande esperienza e al di sopra di ogni sospetto. C’è innanzitutto Giuseppe Bertello, diplomatico di lungo corso (è stato tra l’altro ambasciatore del Papa in Rwanda durante la guerra civile, e da ultimo in Italia), attualmente presidente del Governatorato (il «municipio» vaticano), in odore di succedere a Bertone come segretario di Stato a ridosso dell’estate. A coordinare il gruppo sarà Oscar Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa in Honduras, estroverso salesiano (ha studiato psicologia e suona il saxofono). «Col Papa affronteremo tanti argomenti — dice Maradiaga —. Sicuramente anche i temi che riguardano lo Ior, oltre che la riforma della Curia e i temi usciti dal pre-Conclave» .Oltre a Maradiaga ci sono poi l’arcivescovo cappuccino di Boston Sean Patrick O’Malley, Oswald Gracias (India), Reinhard Marx (Germania) Laurent Monswengo Pasinya (Repubblica Democratica del Congo), George Pell (Australia) e l’anziano Francisco Javier Errazuriz Ossa (Cile).

A PARTE

O’Malley, non ci sono altri papabili del Conclave. Molti di loro sono stati ‘grandi elettori’ di Bergoglio. Rappresentano tutti i continenti. Quasi tutti sono leader delle rispettive conferenze episcopali continentali. Il segretario del gruppo è il vescovo di Albano Marcello Semeraro, uomo fuori dai giochi di corte e conosciuto da Bergoglio all’epoca del sinodo del 2001. Prima riunione dall’uno al tre ottobre, ma gli otto già si stanno consultando. Potrebbero decidere di snellire la pletora dei dicasteri vaticani, accorpare i ministeri economici, cambiare natura allo Ior e, magari, mettere solo vescovi, e non cardinali, a capo dei dicasteri, in modo da disincentivare il carrierismo romano. Di certo la Chiesa cattolica mondiale sbarca a Roma. E Papa Francesco non è solo nello sforzo di ridare credibilità al Vaticano.