ROMA
DICE Francesco Boccia, lettiano doc: «Nessuna minaccia ai colleghi, ma ci sono delle regole che vanno rispettate ed è chiaro che chi non dovesse votare la fiducia al governo sarebbe fuori dal partito». Pacatamente, serenamente, o votate la fiducia o siete fuori.
Chiaro che la fronda interna non gradisce. E qualcuno come il lombardo Civati fa già sapere che se così stanno le cose non potranno contare sul suo sì. «Chi non vota la fiducia attacca Civati è fuori dal partito? Sono toni fuori di testa più che fuori dal partito. Perché dovrei uscire dal Pd solo perché ho delle grosse perplessità? La fiducia? Non la voto, e se sarò coinvolto in un dibattito spiegherò le mie opinioni». «Niente minacce: di minacce non si vive e non si lavora» rincara la dose Laura Puppato. Che conferma: «Un governo di Letta con Alfano vicepremier, e poi Brunetta, la Gelmini e Schifani io non lo voto».
E anche chi non ha deciso il da farsi, è seccato. «Suggerisco umilmente ai dirigenti che lanciano certi ultimatum osserva la prodiana Sandra Zampa a interrogarsi sulle ragioni del disastro prodotto e di essere più prudenti e rispettosi del travaglio cui ogni democratico è oggi sottoposto». Eppure, laria che tira è che i due terzi della fronda si turerà il naso e voterà le Grandi Intese: in primis lo faranno i giovani turchi, tra i quali Fassina dice: «Se avessimo voluto fare linciucio, Bersani sarebbe premier. La colpa della situazione è Grillo». Ma anche altri, se solo gli sarà possibile farlo salvando la faccia. Il capogruppo alla Camera Roberto Speranza ha lottimismo della volontà. «Alcuni nodi sul tavolo dice richiederanno un supplemento di lavoro. Ma siamo convinti che questo lavoro nelle prossime ore possa portare a sciogliere i nodi e a dare al Paese un governo». «Sono sicuro che i gruppi Pd di Camera e Senato saranno compatti», conferma il presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda.
CÈ CHI LAVORA per limare gli spigoli, ma la linea prevalente è «che chi vota contro la fiducia è di fatto fuori perché come spiega Dario Franceschini va rispettato il vincolo di partito e non ci si può mettere allopposizione del governo restando nel principale partito di maggioranza». Certo nel Pd il dissenso sotterrano è più ampio di chi come la Puppato, Gozi, Civati, ma anche Orfini e Orlando, ci ha messo la faccia. E quindi cè la convinzione che una certa pressione preventiva, alla Boccia, sia opportuna. Ma anche chi è un fautore del rinnovamento come Debora Serracchiani e infatti sè espressa contro DAlema nellesecutivo Letta chiede serietà di partito a sostegno di Letta. «Io credo dice la neo governatrice del Friuli che quello che è successo nel partito, soprattutto per quanto riguarda Prodi, sia gravissimo. Un partito si costruisce sulla lealtà fra chi ne fa parte». «Quella lealtà prosegue la Serracchiani è completamente saltata, e ovviamente se dovessimo trovarci di fronte alla medesima situazione io vorrei che chi vota contro uscisse dal mio partito».
Alessandro Farruggia
DICE Francesco Boccia, lettiano doc: «Nessuna minaccia ai colleghi, ma ci sono delle regole che vanno rispettate ed è chiaro che chi non dovesse votare la fiducia al governo sarebbe fuori dal partito». Pacatamente, serenamente, o votate la fiducia o siete fuori.
Chiaro che la fronda interna non gradisce. E qualcuno come il lombardo Civati fa già sapere che se così stanno le cose non potranno contare sul suo sì. «Chi non vota la fiducia attacca Civati è fuori dal partito? Sono toni fuori di testa più che fuori dal partito. Perché dovrei uscire dal Pd solo perché ho delle grosse perplessità? La fiducia? Non la voto, e se sarò coinvolto in un dibattito spiegherò le mie opinioni». «Niente minacce: di minacce non si vive e non si lavora» rincara la dose Laura Puppato. Che conferma: «Un governo di Letta con Alfano vicepremier, e poi Brunetta, la Gelmini e Schifani io non lo voto».
E anche chi non ha deciso il da farsi, è seccato. «Suggerisco umilmente ai dirigenti che lanciano certi ultimatum osserva la prodiana Sandra Zampa a interrogarsi sulle ragioni del disastro prodotto e di essere più prudenti e rispettosi del travaglio cui ogni democratico è oggi sottoposto». Eppure, laria che tira è che i due terzi della fronda si turerà il naso e voterà le Grandi Intese: in primis lo faranno i giovani turchi, tra i quali Fassina dice: «Se avessimo voluto fare linciucio, Bersani sarebbe premier. La colpa della situazione è Grillo». Ma anche altri, se solo gli sarà possibile farlo salvando la faccia. Il capogruppo alla Camera Roberto Speranza ha lottimismo della volontà. «Alcuni nodi sul tavolo dice richiederanno un supplemento di lavoro. Ma siamo convinti che questo lavoro nelle prossime ore possa portare a sciogliere i nodi e a dare al Paese un governo». «Sono sicuro che i gruppi Pd di Camera e Senato saranno compatti», conferma il presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda.
CÈ CHI LAVORA per limare gli spigoli, ma la linea prevalente è «che chi vota contro la fiducia è di fatto fuori perché come spiega Dario Franceschini va rispettato il vincolo di partito e non ci si può mettere allopposizione del governo restando nel principale partito di maggioranza». Certo nel Pd il dissenso sotterrano è più ampio di chi come la Puppato, Gozi, Civati, ma anche Orfini e Orlando, ci ha messo la faccia. E quindi cè la convinzione che una certa pressione preventiva, alla Boccia, sia opportuna. Ma anche chi è un fautore del rinnovamento come Debora Serracchiani e infatti sè espressa contro DAlema nellesecutivo Letta chiede serietà di partito a sostegno di Letta. «Io credo dice la neo governatrice del Friuli che quello che è successo nel partito, soprattutto per quanto riguarda Prodi, sia gravissimo. Un partito si costruisce sulla lealtà fra chi ne fa parte». «Quella lealtà prosegue la Serracchiani è completamente saltata, e ovviamente se dovessimo trovarci di fronte alla medesima situazione io vorrei che chi vota contro uscisse dal mio partito».
Alessandro Farruggia
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