Stefano Grassi
ROMA
«NON

sono di colore, sono nera, lo dico con fierezza. Sono nera e italo-congolese: dentro di me ci sono due Paesi, due culture, due identità». Piccola, capelli cortissimi, carnagione scurissima, il primo ministro di pelle nera in un governo italiano cita don Ciotti e ringrazia la presidente della Camera Laura Boldrini. Ed è ben consapevole, Cécile Kyenge, arrivata a 18 anni in Italia da uno sperduto villaggio del Congo e qui divenuta medico oculista, di rappresentare qualcosa di completamente nuovo, quasi impensabile fino a una settimana fa.
Nell’aria, ovviamente, risuonavano ancora le oscure parole, da tutti condannate, dell’ex senatore e deputato della Lega Nord Boso («Sono razzista, Kyenge torni in Congo»). Ma il neo ministro s’è sentita in dovere di minimizzare. «L’Italia non è un paese razzista — ha subito detto — ha una tradizione di accoglienza e di ospitalità. Si parla di razzismo perché c’è molta non conoscenza dell’altro, bisogna abbattere i muri o aumentano le differenze. L’immigrazione è una ricchezza». Le offese? «Era una tappa necessaria. Ma ho apprezzato le parole di solidarietà di Enrico Letta e di Josefa Idem». Anche se, ammette, «tanti insulti non me li aspettavo». Quindi aggiunge: «Sono rimasta ferita, ma non mi possono fermare». Oggi, intanto ha incassato una prima ‘vittoria’: il leader del Carroccio Roberto Maroni ha preso le distanze dall’eurodeputato Mario Borghezio che aveva rilasciato affermazioni pesanti su di lei.

IL MINISTRO


che vorrebbe far cadere la “g” del suo dicastero, trasformandolo in ministero dell’Interazione, ha sottolineato come prima di qualsiasi intervento legislativo la sua presenza stessa nell’esecutivo abbia un altissimo valore simbolico e come prima di qualsiasi intervento legislativo sia importante lavorare a livello educativo spiegando che opererà «in stretta collaborazione con altri ministri, a partire da quello dell’Interno, del Lavoro e, della Pubblica istruzione, perché l’integrazione comincia dai bambini a scuola».
È però sui temi spinosi della cittadinanza e dei Cie che dovrà a breve misurarsi. «Bisogna dare risposte ai tanti figli di stranieri che nascono e crescono in Italia, ma le cose si possono cambiare senza urlare. Faccio parte di una squadra — ha precisato Cécile Kyenge —. Nel governo ci sono altre forze politiche diverse dalla mia. Dobbiamo cercare uno spazio comune e un terreno condiviso, sempre nel rispetto dell’altro, senza mai offendere». Mentre quella dei Cie, ha spiegato il ministro, «è di sicuro un’emergenza e non la dimentico, ma la risposta migliore la dobbiamo dare con l’Europa. La politica sui flussi e può essere affrontata solo con gli altri paesi». Certo è che «non si possono trattenere 18 mesi le persone perché non hanno un documento o sono irregolari»