Roma, 12 maggio 2013 - «NEL 2010 il Ministero dell’Interno ha speso circa 460 milioni di euro per gestire i flussi migratori, cioè controllo delle frontiere, identificazione dei clandestini, espulsione, politiche di integrazione. Per il 2012 si parla di almeno 700 milioni di euro. Un clandestino rimane nei Centri di identificazione ed espulsione cinque mesi in media e ci costa 7mila euro. Nel 2010 sono stati identificati 150.000 irregolari: appena 16.000 riaccompagnati coattivamente alla frontiera. I dati degli ultimi due anni sono simili. Dunque, appena un decimo viene espulso davvero. Gli altri ricevono il foglio di via, dovrebbero allontanarsi da soli, ma non lo fanno quasi mai...». Ovviamente. Una espulsione barzelletta.

Nicola Tanzi, segretario generale del Sap, il maggior sindacato di polizia, non ha dubbi: i casi eclatanti di questi giorni che hanno visto protagonisti immigrati irregolari, sul cui capo spesso pendevano decreti di espulsione, dimostrano il fallimento della Bossi-Fini. Senza contare che in molti episodi, di fronte a immigrati che delinquono abitualmente, al decreto di espulsione è difficile arrivare. «Bisogna avere il coraggio di dirlo chiaro e tondo: questa legge sulla clandestinità aggrava inutilmente il lavoro delle forze di polizia e mina il controllo del territorio e la sicurezza dei cittadini».

E la polizia che può fare?

«Il reato di clandestinità, prevedendo l’arresto obbligatorio in flagranza e il processo per direttissima, implica che gli stranieri vadano presi e accompagnati non in carcere, ma nelle strutture di polizia, e tenuti in custodia fino al giorno dopo quando ci sarà il processo. Ciò comporta che le pattuglie dovranno abbandonare il territorio per sorvegliare i fermati: ovvero meno sicurezza».

Il territorio resta incustodito?

«Certo. Faccio un esempio. Prendiamo un commissariato di periferia come può essere quello di Niguarda. Ha poche o pochissime pattuglie a disposizione e già deve fare i salti mortali per far girare le volanti. Se una pattuglia identifica un irregolare, deve sospendere ogni altra azione per seguire tutto il farraginoso iter di identificazione. Al termine del quale dovrà condurre il clandestino in un Cie. Strutture dove i problemi non mancano, con frequenti rivolte e danneggiamenti, che spesso ricadono sui Reparti mobili della polizia: tutto personale che viene ancora sottratto al territorio».

A rimetterci è il cittadino…

«Oggi paghiamo politiche fallimentari che hanno portato il sistema sicurezza a livelli critici. Noi non chiediamo soldi o gratifiche contrattuali, pur dovendo quotidianamente verificare il mancato rispetto delle norme, come gli straordinari obbligatori non pagati. Chiediamo risorse per la logistica, accorpamenti degli uffici, coordinamento tra le forze dell’ordine. In ogni grande città abbiamo 5 centrali operative che potrebbero essere unificate potenziandole e migliorandole. E risparmiando».

di Stefano Grassi