TORINO, 21 maggio 2013 - L’AVEVA indicato come testimonial per il disegno di legge sullo ius soli non più tardi di un paio di settimane fa. Prima ancora che Balotelli (naturalizzato italiano, ma non per lo ius soli) fosse preso di mira dai tifosi della Roma nella partita di San Siro. «Non lo conosco — aveva detto il ministro all’Integrazione, Cécile Kyenge — ma so che sta subendo attacchi razzisti, ma riesce a testa alta a dare un forte contributo all’Italia che è il suo paese». L’altra notte a Firenze, alla stazione Campo di Marte, Mario Balotelli, con le cuffie extralarge sul collo, aveva invece abbassato la testa per andare contro chi lo stava insultando. Rissa sfiorata, solo perché a fermarlo sono stati i dirigenti del Milan. Il razzismo c’entra o non c’entra? O c’entra di più quel rigore che Balotelli si è preso e ha trasformato contro il Siena, avviando la rimonta rossonera utile ad aprire il portone della Champions al Milan e a richiuderlo in faccia, proprio quando era sull’uscio, alla Fiorentina? La Kyenge, ieri a Torino per il Salone del Libro, è corsa subito a difendere l’attaccante del Milan.
«Il mio ministero lavora e continuerà a lavorare per evitare episodi di razzismo». E il riferimento, inevitabile, era proprio a quello che era successo poche ore prima nella stazione fiorentina.

MA POI IL MINISTRO ha corretto sensibilmente il tiro. E si è accodata a quello che aveva detto qualche giorno prima e ribadito anche ieri l’ex tecnico della Roma, Zdenek Zeman. «Non sempre si tratta di razzismo». Al centro sempre lui, Mario Balotelli che aveva già mosso un vero e proprio polverone, annunciando la sua uscita dal campo ai prossimi ululati razzisti provenienti dalle curve. La Kyenge ha detto: «Bisogna essere lucidi in questo momento per capire quando si parla di razzismo, quando di sport e di una sconfitta sportiva, quando di altre motivazioni». Una scelta più attendista quella del ministro che anche ieri è tornata comunque a parlare dello ius soli. «Bisogna confrontarsi e arrivare gradualmente a una proposta — ha detto —. Bisogna partire dal mescolarsi, dal conoscere l’altro perché credo si debba
arrivare a una nuova coesione sociale, a una convivenza che rafforzi la cittadinanza intera».