Roberto Di Meo
BAIKONUR (Russia)
MANCANO

gli ultimi dettagli. Quelli legati alla partenza. La Soyuz è quasi pronta e domani alle 22,30 ora italiana, partirà dalla steppa del Kazakistan alla volta della Stazione spaziale internazionale. Comincerà così l’avventura dell’astronauta, il maggiore dell’Aeronautica italiana, Luca Parmitano.
Ci siamo, Parmitano. Che sensazioni prova?
«È strano, ma in queste ore che precedono la partenza siamo presi da tante cose da mettere a punto che non abbiamo nemmeno la possibilità di pensare. Non vedo l’ora di partire, l’adrenalina è a mille».
Come sta passando queste ore, al di là della fase tecnica?
«Nei momenti liberi mi godo la famiglia: mia moglie Katy e le mie bambine sono venute qui. Facciamo belle passeggiate e soprattutto gioco con Sara e Maia. Anche loro sono abbastanza eccitate per la mia partenza. Saranno al poligono a vedere il lancio».
Verranno anche altri parenti?
«Avrò una claque tutta mia. I miei genitori, i suoceri, tantissimi amici dalla Sicilia e tanti altri conoscenti. Verranno anche due miei ex comandanti dell’Aeronautica».
Sulla missione, si può sapere qualcosa sulle due uscite nello spazio?
«Assolutamente sì, il riserbo è caduto. Le due missioni extra-veicolari, Eva, come si dice in gergo, sono state programmate per la metà del mese di luglio. Nella prima, che durerà circa sei ore, dovremo rimuovere dei radiatori esterni alla Stazione spaziale per inserire delle speciali barre che permetteranno l’istallazione di una nuova struttura. Io mi occuperò della manovra del braccio robotico e dello spostamento di queste pesantissime barre. Poi porteremo dentro la Iss esperimenti rimasti fino ad ora all’esterno. Rimuoveremo anche una telecamera».
E la seconda uscita?
«È stata programmata per la settimana successiva. Nel caso specifico dobbiamo effettuare la riconfigurazione del sistema elettrico del Nodo1, installare cavi elettrici e sistema dati per l’aggancio del modulo pressurizzato russo che aumenterà il volume della stazione spaziale. Anche questa missione durerà oltre sei ore».
Nei sei lunghi mesi, ci saranno collegamenti con l’Italia?
«Sono stati programmati molti collegamenti con scuole e altre istituzioni. Avrò anche un collegamento con l’ospedale romano del Bambin Gesù. E ne farò anche uno con la mia ex scuola, il liceo scientifico di Catania. Così potrò parlare con i miei ex insegnanti, i miei ex compagni e naturalmente con gli attuali studenti».
Porterà con sè qualche portafortuna?
«Non sono scaramantico, ma ho con me due catenine che indosserò: sono quelle di mia madre e di mia zia. Poi ci sarà la fede nuziale, con la speranza di non perderla, le foto delle mie bambine, la cuffia di Cecilia Camellini, campionessa olimpica non vedente che ha vinto a Londra l’oro dei 100 stile libero e un po’ di souvenir da regalare ai miei amici e parenti quando rientrerò dalla missione».
Vuole lanciare un messaggio a noi terrestri?
«Mi considero un privilegiato. Partecipare a questa missione mi rende pieno d’orgoglio, come appartenente all’Aeronautica e come italiano. Il nostro Paese ha una parte importante nelle missioni spaziali e questo lo si deve all’impegno dell’Agenzia spaziale italiana, dell’Agenzia spaziale europea di cui siamo partner importanti, dell’industria nazionale, dei tanti scienziati, tecnici, operai, di questo meraviglioso mondo del lavoro che permette di raggiungere questi ambiziosi traguardi. Io spero che presto anche l’Italia possa conquistare il ruolo di comando della Stazione spaziale iternazionale».