Elena Comelli
MILANO
IN ITALIA

c’è un sistema fiscale iniquo e imprevedibile, che spesso comporta accertamenti infondati e che penalizza il mondo delle imprese. È il duro atto d’accusa del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, intervenuto ieri all’assemblea degli industriali della provincia di Varese. «Il Paese ha un problema fiscale», ha proseguito, «ci battiamo contro un sistema iniquo, abbiamo serie penalizzazioni, a partire dall’Irap, che lavora contro il manifatturiero».
Per Squinzi, invece, il sistema fiscale dovrebbe essere amico del contribuente e del cittadino. Il che non significa lasciare campo libero all’evasione e al sommerso. «Noi speravamo che la legge di riforma fiscale fosse approvata nella precedente legislatura, ci siamo arrivati a un passo, senza risultati. È una delle grandi delusioni di questo mio anno di presidenza», ha aggiunto.

MA L’ABBASSAMENTO


della pressione fiscale in Italia è una priorità che non può essere risolta con qualche misura tampone. Le risorse vanno trovate tagliando la spesa pubblica, secondo Confesercenti, che ha quantificato la pressione fiscale in Italia: sono 162 i giorni di lavoro divorati dal fisco in un anno in Italia. Il sospirato Tax Freedom Day, l’ultimo giorno di lavoro per pagare i propri debiti allo Stato, è scivolato quest’anno al 12 giugno, mentre nel 1990 scattava già a maggio. Un’analisi condivisa dalla Cgia di Mestre: nel 2000 bastavano 148 giorni per raggiungere il Tax Freedom Day. Quindi oggi i contribuenti italiani lavorano 14 giorni in più per pagare imposte, tasse e contributi, rispetto a dieci anni fa.

IL CONTO

fa ancora più male se si prendono in considerazione le tasse locali: nel 1990 bastavano 8 giorni per pagarle e ora ne servono 26. Paragonando il peso fiscale italiano agli altri Paesi emerge l’insostenibilità del nostro. L’ha certificato lo stesso governo con il recente Documento di Economia e Finanza: l’Italia ha segnato il record della pressione fiscale con il 44% nel 2012, ma «già siamo pronti a superarlo di slancio con l’ulteriore aumento atteso per il 2013 al 44,4%», avverte Confesercenti.
E il futuro, sempre stando alle valutazioni ufficiali, non promette nulla di buono: le previsioni tendenziali (quelle che diventeranno realtà se non cambia nulla nel frattempo) dicono che la maledizione del 44% ci accompagnerà, decimo più, decimo meno, almeno fino al 2017. Lo studio ricorda anche che l’Italia è al primo posto in Europa nel Total Tax Rate (somma delle imposte sul lavoro, sui redditi d’impresa e sui consumi), con un 68,3% che ci vede quasi raddoppiare i livelli di Spagna e Regno Unito e ci colloca ben oltre quello della Germania (46,8%). L’Italia è infine ai più alti livelli europei quanto al numero di ore necessarie per adempiere agli obblighi fiscali (269), 2 volte e mezzo il Regno Unito, il doppio dei Paesi nordici e della Francia, un terzo in più rispetto al Germania. Siamo in coda, fra i Paesi Ocse, anche nella graduatoria di efficienza della Pubblica Amministrazione, con un valore (0,4) pari a un quarto di quello misurato per la Germania e il Regno Unito.