Nicoletta Magnoni

BOLOGNA, 5 giugno 2013 - NEGLI ultimi mesi di battaglie politiche, i titoli su evasione fiscale e controlli sono spariti dai giornali. Ma l’Agenzia delle entrate non ha spento le macchine. Anzi. Il redditometro, nato male, testato fra mille polemiche, rivisto e corretto è già entrato in funzione. Gli uffici locali dell’amministrazione finanziaria hanno ricevuto le liste dei contribuenti altamente sospetti, in base alle dichiarazioni dei redditi del 2009, dalle quali dovranno spuntare circa 35mila nominativi di potenziali evasori. È la platea che sperimenterà l’effetto della nuova strategia di guerra ai bugiardi delle tasse. Il Fisco busserà alla porta di questi signori, ma in maniera pacata: il primo passo è un contraddittorio in cui il sospettato darà spiegazioni sulla sua posizione. Se sarà convincente, si guadagnerà l’archiviazione. In caso contrario, scatteranno ulteriori verifiche e l’evasore a questo punto accertato potrà ‘patteggiare’ o andare al contenzioso. L’obiettivo è recuperare 815 milioni già quest’anno.

CHI sono i 35mila nel mirino? Sono, almeno in apparenza, i furbi delle tasse non poi così furbi. Se hanno evaso, lo hanno fatto in maniera maldestra perché è macroscopico lo scostamento che risulta al Fisco fra il reddito dichiarato e i dati certi registrati dall’Anagrafe tributaria sul loro tenore di vita: la differenza supera, cioè, quel 20 per cento che fa da spartiacque fra chi verrà passato ai raggi X del Fisco e i contribuenti sui quali non si useranno le armi più sofisticate. L’obiettivo è pescare i pesci grossi e il numero ridotto di nominativi nella black list (neanche un decimo degli accertamenti di routine) lo dimostra.

MA IN GENERALE, devono temere i contribuenti che fanno la bella vita senza averne ufficialmente i mezzi. L’incrocio fra redditometro, spesometro, segnalazione degli acquisti sopra i 3mila euro (cioè la tracciabilità) è difficile da eludere: se dai controlli risulta che le spese sostenute in un anno superano del 20% il reddito dichiarato, il Fisco non mollerà la presa. Questa soglia d’allarme, in realtà, è più alta perché scatta una franchigia, un bonus di 12mila euro di differenza fra spese e reddito dichiarato su cui il Fisco chiude un occhio. È una delle tante modifiche che il direttore dell’Agenzia delle entrate, Attilio Befera, ha dovuto inserire, dopo una serie di simulazioni che hanno fatto accendere la spia rossa del redditometro su situazioni risultate, poi, innocue.

MOLTE erano state le proteste per quell’eccesso di allarme e altrettante polemiche aveva scatenato la misurazione delle spese quotidiane, dal carrello della spesa all’abbigliamento, attraverso le medie Istat: nella prima versione, gli uomini di Befera potevano aggiungere queste piccole voci di spesa, calcolate in media dall’Istat in base a zona di residenza e composizione della famiglia. Anche in questo caso, l’amministrazione finanziaria ha dovuto fare marcia indietro perché questa faccia del redditometro era apparsa poco equa, punitiva e scarsamente efficace. E il grande fratello della spesa avrebbe aperto la strada al contenzioso continuo. Così, il ricorso ai numeri dell’Istat è stato rinviato alla fase più avanzata del contraddittorio. E può calare l’ansia degli scontrini del pane o del sapone da conservare nel cassetto.