Iacopo Scaramuzzi
ROMA
HA LANCIATO

un messaggio all’Italia, all’Europa e al mondo, Jorge Mario Bergoglio, con le parole, con i gesti e con la sua stessa presenza. Il Papa argentino discendente da immigrati italiani ha scelto di iniziare i suoi viaggi da Lampedusa, un luogo-simbolo dell’immigrazione. Il Papa scelto dai cardinali «quasi alla fine del mondo» si è recato sul confine tra Africa ed Europa. Il «vescovo di Roma» che batte e ribatte sulle «periferie esistenziali» si è spinto alla periferia dove gli immigrati del sud muoiono per raggiungere il nord.

PROTOCOLLO.

Lasciando di stucco gli uomini del protocollo, Francesco ha voluto viaggiare come pastore in mezzo al gregge. Niente politici e niente cardinali sull’isola siciliana. Solo il vescovo locale di Agrigento, il sindaco e il parroco. Niente «papamobile» ma una «campagnola» prestata da un turista milanese. Niente ricevimenti o pranzi ufficiali, ma un panino e una cassata prima di tornare a Roma. Pare che avrebbe voluto viaggiare con un aereo di linea. Si è limitato ad andare e venire dal Vaticano a Ciampino a bordo di una semplice berlina.

MEA CULPA.

Con i paramenti viola propri delle liturgie penitenziali, il Papa ha pronunciato un «mea culpa» collettivo. «Signore chiediamo perdono per l’indifferenza verso tanti fratelli e sorelle», «ti chiediamo perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi». Il pastorale, l’altare, l’ambone e il calice della messa erano realizzati da un artista di Lampedusa dal legno delle barche di immigrati naufraghi.

L’INDIFFERENZA.

«Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? Nessuno! Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io». Il Papa ha pronunciato parole dure per «risvegliare le coscienze». «La cultura del benessere — ha detto — ci fa vivere in bolle di sapone che difendiamo seminando morte» come faceva Erode. «In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza» che — ha proseguito — citando il Manzoni, «ci rende tutti ‘innominati’, responsabili senza nome e senza volto». E ancora: «Chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle? La globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere!».

LA TENEREZZA.

Al termine della messa il Papa ha ringraziato i lampedusani «per il loro esempio di amore, di carità e di accoglienza» nonché per la loro “testimonianza e tenerezza». Un concetto riecheggiato su Twitter: «Dio ci giudicherà in base a come abbiamo trattato i più bisognosi». Con espressione dialettale ha salutato gli immigrati musulmani che stanno per iniziare il ramadan: «La Chiesa vi è vicina nella ricerca di una vita più dignitosa per voi e le vostre famiglie. A voi: o’scià!», che significa «mio respiro» ed è un saluto amichevole di Lampedusa.

LA PREGHIERA.

«Sono venuto qui per pregare, anche per coloro che non ci sono più». Oltre alle parole, Papa Bergoglio si è più volte raccolto in silenzio per commemorare gli immigrati morti in mare. Ha pregato la Madonna “stella del mare”, ha gettato in mare una corona di crisantemi. Ha salutato un gruppo di sopravvissuti assicurando loro le sue preghiere. La sua sola presenza è stato il messaggio più forte del viaggio.