Roma, 11 luglio 2013 - ALLA FINE anche Loro Piana parlerà francese. Il made in Italy perde pezzi e non solo nel lusso. Dai tempi della privatizzazione del Nuovo Pignone, il gioiello fiorentino venduto dall’Eni a General Electric, fino alla Lamborghini e poi alla Ducati, passate al gruppo Volkswagen, passando per Parmalat ceduta alla francese Lactalis dopo il crac di Calisto Tanzi, la serie continua. Bernard Arnault, patron del colosso francese Lvmh, sta facendo man bassa fra i marchi più prestigiosi del lusso Made in Italy, sempre con lo stesso schema. Con un investimento di due miliardi si è aggiudicato l’80% della griffe del cachemire, lasciando a Sergio e Pier Luigi Loro Piana una partecipazione del 20% e le loro funzioni alla guida dell’azienda. È la tradizione del gruppo francese, che ha mantenuto come azionisti di minoranza di tutti i grandi marchi acquisiti nel lusso come i Bulgari, i Fendi o i Pucci. In Fendi, Arnault ha rilevato il 51% della società dall’omonima famiglia romana insieme a Patrizio Bertelli di Prada, valutando l’intero gruppo mezzo miliardo di euro. La famiglia Bulgari ha venduto le sue quote di maggioranza ad Arnault, che ha pagato i fratelli Paolo e Nicola Bulgari anche in azioni del gruppo francese, dopo il lancio di un’Opa da 4 miliardi.

EMILIO PUCCIP, invece, è stato rilevato senza rendere noti i termini dell’operazione, ma la figlia di Arnault, Delphine, si è dedicata per anni al rilancio del brand. Gucci è passato al gruppo rivale Ppr di François Pinault, oggi rinominato Kering, dopo una battaglia feroce con Lvmh, risolta subito prima del crollo delle Torri Gemelle, quando François Pinault ha siglato un accordo con Domenico De Sole per lanciare un’Opa da 7 miliardi. Recentemente Gucci ha poi rilevato il marchio della ceramica fiorentino Richard Ginori per 13 milioni di euro. Dopo che Lvmh aveva rilevato Bulgari, anche Kering ha puntato sui gioielli italiani, facendo sua la maggioranza di Pomellato per un prezzo che debiti compresi è di circa 380 milioni. Infine, il colosso guidato da Pinault ha acquisito il 100% di Brioni spendendo, debiti compresi, circa 300 milioni di euro. Si dice che l’acquisizione di Loro Piana da parte di Arnault sia stata proprio la risposta all’acquisto di Brioni operato da Kering. Ma non solo i francesi hanno messo gli occhi sulle griffe italiane. L’emiro del Qatar Al-Thani, ad esempio, ha rilevato dai Marzotto e dal fondo Permira il controllo del 100% di Valentino, per circa 650 milioni. Il fondo Hal, che fa capo all’omonima famiglia di armatori olandesi, ha salvato Safilo con 250 milioni, dopo che il debito contratto per liquidare la famiglia aveva obbligato Guglielmo Tabacchi a chiedere l’aiuto di nuovi soci. L’ultimo caso è quello di Cova. La storica pasticceria milanese è stata acquistata da Lvmh, ma Prada, che era in trattativa prima del gruppo francese, ha fatto causa alla famiglia Faccioli. Ora i due marchi italiani se la vedranno fra loro in tribunale.

di Elena Comelli