di Nuccio Natoli

Roma, 27 luglio 2013 - Il contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro? Come su Scherzi a parte. La Consulta ha stroncato come incostituzionale la norma che dall’agosto del 2011 a tutto il 2014 (governo Berlusconi, ministro Tremonti) imponeva un contributo di solidarietà del 5% oltre i 90mila euro di pensione e del 10% oltre i 150mila euro. Poi, con il decreto ‘Salva Italia’ il ministro Fornero (governo Monti) aveva rincarato la dose aggiungendo che oltre i 200mila euro il contributo di solidarietà saliva al 15%, e sempre oltre i 200mila euro si applicava un contributo del 10% pure alle retribuzioni dei dipendenti pubblici, mentre per i lavoratori privati il contributo sarebbe scattato oltre i 300mila euro.

Ora l’Inps dovrà restituire quello che è, a tutti gli effetti, un ‘maltolto’. La cifra oscilla intorno ai 40 milioni di euro. L’Istituto di previdenza ha annunciato che provvederà immediatamente a restituire il contributo di solidarietà negli assegni di luglio e di agosto. La rapidità dell’Inps dipende dal fatto che la sentenza della Consulta è dei primi giorni dello scorso giugno. Ieri sono arrivate le motivazioni in cui la Consulta ha spiegato i presunti strafalcioni giuridici compiuti da due governi: non sono stati rispettati i dettami dell’articolo 3 sull’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e dell’articolo 53 sulla capacità contributiva dei cittadini. Ossia, non è costituzionale che un pensionato Inps subisca un prelievo fiscale superiore a quella di un lavoratore dipendente o autonomo. In sostanza, la Corte Costituzionale ha affermato che rispetto al prelievo fiscale non possono esserci figli e figliastri: o si impone un prelievo (comunque lo si chiami) su tutti i redditi oltre una certa cifra, o non si tassa nessuno.

La distorsione appare evidente se si considera che su un reddito da pensione di 200mila euro il contributo si attestava a 18mila euro, se era reddito da lavoratore pubblico si fermava a 15.500 euro e diventava zero per il lavoratore privato o autonomo. Il ministro del lavoro, Giovannini, ha preso atto della sentenza, ma ha fatto capire che è intenzionato a cercare una strada alternativa per ottenere un risultato finanziario simile a quello bocciato dalla Consulta. Un’ipotesi a cui si sta lavorando è il blocco dell’aggiornamento Istat. "In base all’importo a cui si fissa, può produrre effetti non trascurabili", ha detto Giovannini.

La somma in discussione nel mare degli assegni pagati dall’Inps (261,3 miliardi di euro) non è esorbitante: intorno ai 40milioni di euro. Ciò perché le pensioni che superarano i 90mila euro annui cono circa 33mila e quelle che superano la barriera dei 200mila euro circa 1.200. Se la cifra è limitata, diverso è l’effetto che produce sulla stragrande maggioranza degli italiani alle prese con difficoltà ogni giorno maggiori. I sindacati sono infuriati. "In Italia i ricchi non piangono mai", il commento secco del segretario dei pensionati Cgil, Carla Cantone. Si può opporre che il contributo di solidarietà è un’invenzione che non esiste in nessun Paese europeo, ma è altrettanto vero che in tutto il Vecchio continente (dalla Francia, alla Germania, alla Spagna, eccetera) le pensioni non sono tassate, oppure hanno un prelievo assai ridotto e spesso solo simbolico.