Roma, 26 agosto 2013 - «L’Italia si è cacciata in una trappola. La cosa più grave è che qualunque tipo di soluzione sarà un’ulteriore caduta d’immagine per il vostro paese». Jean-Paul Fitoussi, politologo, economista, docente di studi politici di Parigi, e di economia alla Luiss di Roma, una sfilza di incarichi di prestigio, compresi quelli in Telecom, Pirelli, Intesa San Paolo, se gli si chiede un giudizio sulle vicende politiche ed economiche degli ultimi giorni nel Bel Paese, replica subito con la più classica delle risatine.

Professore, i soliti italiani?
«E’ quasi incredibile come da voi lievitino le polemiche per una vicenda che era prevedibile sin dalla formazione del governo Letta».

Veramente si parlava di governo di responsabilità, di pacificazione, di crisi da cui uscire.
«Formule, ma tutti sapevano che il Pdl avrebbe fatto certe richieste e che non sarebbe stato soddisfatto se non fossero state accolte. Come tutti sapevano che il Pd avrebbe avuto difficoltà ad accoglierle e sulle ricette economiche aveva visioni diverse. Tutto era, ed è, nella logica di un governo di coalizione, ma voi siete l’Italia».

Quindi?
«Si credeva che l’Italia potesse uscire dalla fase più buia della crisi. Ora è tutto più nebuloso. Di certo non era, e non è, il momento buono per creare un problema di stabilità politica».

Si riferisce ai problemi giudiziari di Berlusconi?
«Non solo, in ogni caso le questioni di giustizia non dovrebbero mai mischiarsi a quelle politiche».

E se accade?
«Io non lo capirei. Lo stesso Napolitano ha detto che non può farci nulla. Allo stato attuale credo che sia un problema senza possibilità di soluzione».

E se dovesse portare alla caduta del governo Letta?
«Continuerei a non capirlo. Vi siete messi in un bel guaio. Immagino che con la vostra grande fantasia riuscirete a farlo passare per una divergenza tra i partiti su altre questioni, tipo l’Imu o l’Iva, ma tutti avranno ben chiaro che è un pretesto. In Italia siete maestri a pensare tutti a una cosa, ma a parlare di un’altra».

Facciamo l’ipotesi che il Pd dia un “aiutino” al Pdl e il governo resti in piedi.
«Avrete fatto una cattiva figura e tutti in Europa parleranno male dell’Italia. Anche se fatti giudiziari simili ne accadono in tutt’Europa. In Francia, ad esempio, succedono cose che non hanno nulla da invidiare a quelle italiane e che coinvolgono personaggi di assoluto rilievo politico».

Allora immaginiamo che il Pd rifiuti “l’aiutino” e il governo cada.
«Ne deriverebbe una fase di instabilità politica e sarebbe lo stesso una cattiva figura per l’Italia. Insomma, siete in trappola».

Possibile che non ci sia via d’uscita?
«L’Italia deve decidersi a diventare un paese normale».

Facile a dirsi…
«Non è poi così difficile. Ad esempio, avete una legge elettorale che definire pessima è poco. Possibile che non riusciate a cambiarla? Dovevate cambiarla già ieri e, invece, chissà se lo farete domani o anche dopo».

L’eventuale instabilità politica avrà effetto sulla crisi economica?
«Non credo più di tanto. L’Italia ha fatto quel che doveva fare, l’instabilità politica non è una novità per voi, quindi non inciderà più di tanto sui conti. Certo sarebbe una cosa bella che vi decideste ad affrontare davvero la questione della stabilità politica».

Veniamo all’euro, anche alla luce delle nuove difficoltà della Grecia, c’è il rischio che l’unione monetaria si rompa?
«No, l’euro non è in pericolo. Il guaio che si sottovaluta è un altro e ben più grave».

Sarebbe?
«In pericolo, meglio in grande pericolo, è la concezione che dell’Europa hanno i popoli. Finora tutti i popoli europei hanno visto i sacrifici imposti dall’unione monetaria con tagli alle spese sociali e aumenti di tasse. Dall’altra parte nessuno ha visto i vantaggi che ne dovevano derivare. Quanto si potrà ancora andare avanti così?».