Andrea Cangini

ROMA, 20 settembre 2013 - DI CERTO c’è solo che si chiamerà Forza Italia. «Berlusconi asseconda una generica volontà di cambiamento, ma non ha ancora deciso nulla sulla struttura del partito e chi la guiderà», dice Marcello Dell’Utri. «Non abbiamo fatto neanche uno straccio di riunione, giuro che non ne so niente», ammette Maurizio Bianconi, che pure sarebbe il tesoriere del partito, il Pdl, dalle cui ceneri ieri è rinata Forza Italia. Non c’è ancora un organigramma, non c’è ancora uno statuto: c’è solo un leader, Silvio Berlusconi, e tanto basta.
Mai visto prima d’ora un partito aprire i battenti come fosse una boutique. Boutique di lusso, naturalmente, perché pur avendo perso 1200 metri quadri rispetto alla vecchia sede di via dell’Umiltà, la sede della nuova FI ci ha guadagnato in sfarzo e centralità. Ma se i metri quadri vogliono dire qualcosa, ecco scodellata la gerarchia interna. «La stanza di Berlusconi è impressionante — racconta uno sbalordito Altero Matteoli — saranno 140 metri quadri di sfarzo assoluto, roba che neanche la regina Elisabetta...». E fin qui, nulla di imprevedibile.
Si apprende però che la stanza di Denis Verdini è più grande e bella della stanza di Angelino Alfano. E questo sì che ha un valore politico. Chi ieri, all’ora di pranzo, ha potuto origliare la conversazione tra Verdini e la Santanchè (presente Gregorio Fontana) in un ristorante a due passi dalla nuova sede, riferisce che la principale preoccupazione dei due falchi ruota attorno al seguente dilemma: «Lasciare che Alfano ricopra un ruolo formale, ma svuotato di poteri reali, o insistere con Berlusconi affinché sia anche formalmente esautorato poiché sta al governo». La seconda ipotesi è stata giudicata di difficile realizzazione («Silvio è un buono, non accetterà di umiliarlo»). Lo scontro tra falchi e colombe, che prima riguardava solo il destino del governo, ora tocca dunque anche gli organigrammi.

COME nella vecchia FI, anche nella nuova non ci sarà un segretario. Alfano verrà dunque formalmente ridimensionato in ogni caso. Sarà un partito presidenziale, e oltre al presidente (Silvio Berlusconi, ovviamente) ad amministrarlo sarà un comitato ristretto composto da cinque o sei persone. Un berlusconiano di peso prevede che «Alfano possa diventare capo del comitato, ma sarà schiacciato tra Verdini, cui andranno le deleghe operative, e Berlusconi, che come al solito deciderà tutto da solo». Quanto ai membri del comitato, «Berlusconi farà a metà tra falchi e colombe, e la Santanchè ne farà parte».
Di tutto questo il Cavaliere ha discusso ieri a cena con un gruppo ristretto di dirigenti. Inaugurando la sede, ha annunciato una «massiccia presenza di FI sulla Rete» e la convocazione dei gruppi parlamentari «per stabilire le responsabilità a livello territoriale e far ripartire i club». Commenta, ironico, un fondatore del ’94: «Già fare la ‘rivoluzione liberale’ senza Pera o Rebuffa ma con Verdini e Santanchè sarà dura, ma fare il ‘partito leggero’ aprendo club in ogni città mi pare davvero complicato». Piccole incongruenze che tutti, anche i più critici, accetteranno senza fiatare.