dall’inviato Alessandro Farruggia

LAMPEDUSA, 5 ottobre 2013 - «SULLA sabbia bianchissima di quel tratto di fondale, i cadaveri spiccano proprio. Li vedevi da venti metri sopra. Diciotto ne ho contati. Coricati, alcuni abbracciati, altri ancora avvinghiati alla barca, alcuni a torso nudo. Che cosa era. Ce li ho ancora negli occhi...».

Simone D’Ippolito è il titolare della Pelagos diving’. Assieme ai sub della Guardia costiera e dei Vigili del fuoco e a Giuseppe Tinelli e Rocco Canella, due parmigiani operatori del settore, è stato tra i primi a scendere sul relitto.
«Dovevo portare alcuni clienti al sito di diving dell’Arpione — racconta — ma ho incrociato un mezzo di soccorso. Un marinaio mi ha urlato di andare verso l’isola dei Conigli. Gridava: «È pieno, è pieno!». E io mi sono detto: ma pieno di che? Poi ho visto che la motovedetta aveva a bordo alcuni cadaveri e ho capito».

«Quando siamo arrivati — continua —il mare era così pieno di morti che galleggiavano a faccia in giù che è stato difficile manovrare. Li abbiamo tirati su tutti, poi mi sono messo la tuta e sono sceso. Ma trovare il relitto non è stato facile, era a mezzo miglio, e l’abbiamo identificato solo grazie allo scansonar di uno dei pescherecci più grandi, il ‘Graziella’».

«Sul fondale di sabbia e posidonie abbiamo trovato il relitto — spiega Giuseppe Tinelli — era solo parzialmente inclinato. La nave è affondata quasi in assetto. Era irreale. Sembrava intatta». «Si vedeva bene — continua D’Ippolito — che era una vecchia barca da pesca, il colore bluastro la rendeva quasi diafana. Ma erano i corpi che hanno attirato la nostra attenzione. I primi li abbiamo visti attorno alla barca. Mi ricordo due donne, abbracciate strette strette. E poi due ragazzi, sicuramente minorenni, ancora attaccati alla fiancata».
«Si li ho visti anche io — dice Rocco Canella, un sub parmense che da sei anni ha un altro diving center a Lampedusa — credo che siano rimasti impigliati con qualche indumento quando la barca si è rovesciata e non son stati in grado di liberarsi prima di affogare».


«MA LA COSA peggiore — prosegue Simone D’Ippolito — è stato guardare dentro la barca. Sia da una apertura che c’è sulla tolda sia dalla plancia si vedeva chiaramente che dentro è pieno di poveri cristi incastrati come topi in trappola e finiti in fondo al mare senza avere manco il tempo di dire una preghiera. Una scena di film horror. Un intrico di braccia e di gambe, di corpi, di brandelli di vestiti. Dio solo sa quanti sono».
Secondo la Guardia Costiera da 150 a 250. Per colpa dello scirocco e del mare forza 4 le ricerche sono state sospese ieri alle 10,30 e riprenderanno quando ve ne saranno le condizioni. I corpi recuperati sono sinora 111. Ma il conto sarà molto più alto in quel relitto adagiato sul fondale, ironia della sorte non lontano dalla statua sommersa della Madonna di Porto Salvo, protettrice dei marittimi, che ora amaramente veglia sulle anime di tanti innocenti.