Rosalba Carbutti
ROMA
IL LODEN

ormai l’ha appeso al chiodo. Il Super Mario dell’aplomb, gelido e quasi robotico, il premier più tecnico dei tecnici, ha subìto una mutazione genetica. Da eroe dello spread — acclamato da ventisette applausi il giorno del suo insediamento da premier — è caduto sotto «gli slalom» degli ex Dc, Pier Ferdinando Casini e il ministro Mario Mauro, trasformandosi in falco.
Mario Monti, infatti, avendo capito le grandi manovre dei suoi ex sodali ha lasciato Scelta civica sentendosi libero di sputare il veleno accumulato nella sua sfortunata «salita» in politica. E ieri, da Lucia Annunziata a
In mezz’ora, chi lo ha ascoltato ha (quasi) dimenticato la sua vita precedente, votata alla «terzietà».
Gli strali sono partiti verso gli artefici della sua parabola discendente, Casini e Mauro. Smessi i panni del compassato bocconiano, ha attaccato con artigli inconsueti: «Mi rivolgo a chi non ha votato Scelta civica, pare siano tanti, perché c’era con noi Casini. Può darsi che avessero ragione loro». Sul ministro della Difesa, se si può, è ancora più aggressivo: «Le dimissioni sono state dettate dalla necessità di restituire serietà» e di portare allo scoperto «la politica dei riposizionamenti, tipo Gps» di chi «si sta riavvicinando al Pdl per ragioni elettorali, dopo che Mauro mi ha pregato di prenderlo nel partito in ginocchio». Casini ha replicato piccato al Tg5: «Con la politica del Gps sei diventato premier», mentre Mauro lo liquida: ««È fuori dalla realtà».
Monti — che comunque dovrebbe vedere Letta in settimana — ha poi lanciato stilettate al governo: «È un esecutivo che s’inginocchia davanti ai diktat del Pdl e il cui nome, in materia economica, si scrive Letta ma si legge Brunetta (vedi alla voce Imu)». E ancora, in un crescendo rossiniano di stilettate, quasi in stile renziano: «Le larghe intese devono essere il governo del fare non del disfare».

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sull’alleanza di Sc (spaccata in quattro correnti: montiani, montezemoliani, incerti e popolari) con il Pdl — che vede in avvicinamento i frondisti, tra i quali Mauro e Gabriele Albertini — non le manda a dire: «Deve trattarsi di un Pdl depurato da certe personalità». Insomma da Berlusconi che l’ex premier è intenzionato a far decadere, in contrasto con quel piccolo esercito di «franchi tiratori» che Denis Verdini pare stia cercando di arruolare (mancherebbero, all’appello, una trentina di senatori).
In serata, il ministro D’Alia (Udc) sintetizza la giornata da falco del Prof con un tweet: «Non lo riconosco più». Non è il solo.