Bruno Ruggiero
ROMA
COMPRATI

e venduti: anche l’inchiesta napoletana nata dalle intercettazioni sui cellulari del faccendiere Valter Lavitola e cresciuta con le ammissioni dell’ex senatore Sergio De Gregorio (foto Ansa) si abbatte col suo ‘carico da undici’ sulle spalle già piegate di Silvio Berlusconi e solleva la reazione unanime del Pdl che ancora più di prima grida all’accanimento giudiziario.
Il giudice dell’udienza preliminare del capoluogo campano, Amelia Primavera, dopo due ore scarse di camera di consiglio ha accolto la richiesta della Procura di rinviare a giudizio l’ex premier, insieme a Lavitola, per la compravendita di eletti a Palazzo Madama, a suon di tre milioni di euro, destinata a far cadere il governo Prodi nel gennaio 2008.

IL PROCESSO


si celebrerà davanti al collegio A della Quinta sezione penale del Tribunale di Napoli, a partire dall’11 febbraio 2014. Un appuntamento che, allo scoccare dell’ora X, avrà già metabolizzato l’esito dello scontro sulla decadenza di Berlusconi dal suo seggio senatoriale e sulla sempre più problematica grazia del Quirinale. Lo stesso gup ha anche condannato a un anno e 8 mesi De Gregorio, all’epoca passato dalle file dell’Italia dei valori a quelle di Forza Italia. Aveva chiesto di patteggiare e il giudice ha fatto sua la determinazione della pena concordata con i pm.
Per la difesa di Berlusconi, ha preso la parola l’avvocato napoletano Michele Cerabona: «Non c’è reato, in quanto la Costituzione italiana prevede per ogni Parlamentare il diritto dell’insindacabilità dei suoi voti».

IL CAVALIERE,


rientrato nel pomeriggio a palazzo Grazioli, si sarebbe lasciato andare a un lungo sfogo con i suoi fedelissimi. «Lo vedete — è la sintesi del ragionamento — le procure faranno di tutto per arrestarmi». A detta dell’ex premier anche il combinato disposto pm-gup emerso a Napoli fa parte di quel disegno ordito per metterlo definitivamente fuori gioco. «Altro che pacificazione — avrebbe concluso — faccio bene a non fidarmi di nessuno». Istantanea la levata di scudi del Pdl. E primo in ordine di tempo il capogruppo al Senato, Renato Schifani, già presidente di quel ramo del Parlamento: «Milano chiama, Napoli risponde. L’accerchiamento giudiziario sul presidente Berlusconi continua, senza esclusione di colpi. L’obiettivo però non sarà raggiunto. Gli siamo ancora più vicini in questo particolare momento. Nessuno si illuda, Silvio Berlusconi resterà a lungo il leader del centrodestra e della maggioranza degli italiani». Dal settore dei cosiddetti ‘falchi’ del Pdl, Deborah Bergamini ironizza sul fatto che «visti i tempi immancabilmente fulminei garantiti dalla giustizia italiana a tutti i procedimenti che riguardano il presidente Berlusconi, è probabile che per la fine di febbraio tutto sarà già concluso e deciso». Cauto il responsabile della Giustizia per il Pd, Danilo Leva: «Se venisse accertato il reato di cui è accusato Silvio Berlusconi si tratterebbe di un fatto di particolare gravità nei confronti delle stesse istituzioni democratiche».
Lavitola, nell’aula a porte chiuse dell’udienza preliminare, ha reso dichiarazioni spontanee per più di un’ora. Avrebbe ammesso la consegna di consistenti somme di denaro al conterraneo De Gregorio, ma con la giustificazione che quei soldi provenivano dal finanziamento all’
Avanti (solo parente disconosciuto del vecchio organo del Psi), il quotidiano di cui entrambi erano soci.