Andrea Cangini

ROMA, 10 novembre 2013 - Professor Cacciari, che impressione le fa tutto questo parlare di tessere più o meno false nel Pd?
«Non mi stupisce, sono cose inevitabili quando manca una struttura dirigente forte. Diciamo la verità...».

Diciamola.
«Il Pd non esiste, è un esperimento fallito e anch’io faccio autocritica per aver creduto in un’utopia. Puro illuminismo. Invece il partito non c’è, e non c’è la politica».

Cosa resta, dunque?
«Restano le tessere, meglio se false. E le chiacchiere. Nella cosiddetta Prima repubblica ci si divideva su contenuti politici e programmatici, ora il discrimine principale è essere sopra o sotto i quarant’anni».

Il Pd è l’unico partito al mondo che elegge il proprio segretario con primarie aperte...
«Ma sì, è tutta una finzione: un tempo si votava il segretario perché iscritti al partito, oggi ci si iscrive al partito per poter votare il segretario».

Una concessione alla cosiddetta antipolitica?
«Le cause sono diverse. C’è la sottocultura dell’antipolitica, cui appartiene anche Matteo Renzi, che ora, per nemesi, sarà costretto a fare quel che mai avrebbe voluto: il segretario di un partito politico. Un trappolone terrificante».

E poi?
«E poi ci sono la demagogia, il grillismo e soprattutto il fatto che, come le dicevo, il progetto del Pd è morto ma non c’è stato il tempo di elaborarne il lutto».

Cosa prevede?
«Che non potranno giocare ancora a lungo sull’equivoco. Renzi diventerà segretario e in breve tempo si compirà il suo destino».

In che senso?
«Le alternative sono due: o mantiene fede alla propria retorica e rottama sul serio i vecchi arnesi che sul territorio come a Roma governano il partito, o tra sei mesi sarà finito».

Lei crede che i rottamandi accetteranno passivamente il proprio destino?
«Scherza? Se Renzi farà il Renzi, la scissione sarà inevitabile. Anche perché lui è radicalmente alternativo alla tradizione ex comunista, che però nella struttura del Pd è dominante e soprattutto tiene in mano le leve del finanziamento e la gestione del patrimonio del partito. Col cavolo che accetteranno di delegare tutto a un renziano qualsiasi!».

Renzi rischia di diventare segretario di un partito effettivamente governato da altri.
«Non c’è dubbio, infatti i congressi provinciali li ha vinti la componente che fa capo a Cuperlo. Per Renzi sarà durissima».

Se gente come Veltroni si fosse schierata con Renzi un anno fa, sarebbe cambiata la storia d’Italia...
«Vero. Veltroni, Franceschini... ora persino Latorre è diventato renziano. Ma non c’è da stupirsi, è la logica del primum vivere, deinde philosophari».

Volgarmente detta, logica dei voltagabbana.
«Un anno fa Veltroni e gli altri pensavano di vincere senza rischiare nulla. Risultato: hanno perso, hanno resuscitato Berlusconi come neanche Cristo con Lazzaro ed ora sono costretti ad accorrere alla corte di Renzi».

Grazie al quale probabilmente viceranno.
«Probabilmente. Certo è che per vincere gli serve un demagogo, nel senso filologico del termine. E Renzi lo è».

E Cuperlo?
«Cuperlo uno lo vede e si tocca le palle».

Perché dice così?
«Perché è vero, non ha alcuna possibilità di farcela. È molto più preparato e competente di Renzi, ma non c’è partita».

Il fatto che Renzi voglia restare sindaco di Firenze la stupisce?
«No, Renzi in fondo è un democristiano e un democristiano non si dimette mai: siede su tutte le sedie e tiene aperte tutte le porte».

Contro la logica del leader, Bersani teorizza la leadership collettiva...
«Una figura carismatica è ormai indispensabile, ma non basta: dev’essere la punta di un iceberg, non un ghiacciolo che gira per gli oceani. Dietro Obama c’è un apparato enorme, ci sono premi Nobel, intere università, centri di eccellenza. Ma in Italia il rapporto tra politica e sapere è scomparso da tempo».

Pare che la sinistra ex comunista ed ex democristiana non abbiano ancora accettato l’idea di un governo forte.
«Negli anni Settanta, mollai il Pci proprio perché era impossibile parlare di riforme istituzionali. Per loro il presidenzialismo era un peccato mortale e i loro eredi, così come gli eredi della sinistra democristiana, restano dei conservatori dal punto di vista costituzionale. In questo, la presenza di Renzi è positiva».

Una domanda al filosofo: cosa significa essere di sinistra, oggi?
«Non lo so. Essere comunista aveva un senso; essere di sinistra, oggi, non saprei dire che senso possa avere».