Giovanni Panettiere
ROMA
«NON me laspettavo, la nomina del nuovo segretario generale della Conferenza episcopale italiana è stata una sorpresa. Graditissima, perché monsignor Nunzio Galantino è la persona adatta a far compiere ai vescovi un passo coraggioso e innovativo. Se tutto andrà per il verso giusto, a novembre per la prima volta eleggeremo i vertici dellepiscopato». Azzarda una data monsignor Domenico Mogavero (foto) fra i pastori più influenti del Belpaese, un mese che, a sentire lordinario di Mazara del Vallo, potrebbe passare alla storia. In oltre sessantanni di vita della Cei il presidente e il segretario sono sempre stati designati dal Papa in qualità di primate dItalia. È lunico caso al mondo.
Ora, per volontà dello stesso Francesco, anche nellepiscopato italiano è stato aperto il cantiere delle riforme istituzionali, nonostante non manchino le resistenze. Mogavero, un passato prossimo da sottosegretario ai tempi del cardinale Camillo Ruini, vero deus ex machina della Chiesa tricolore e non solo, lo sa bene e non nasconde la testa sotto la sabbia.
Allinterno delle conferenze episcopali regionali è in corso una consultazione per sondare lopinione dei vescovi sulla riforma. Quale è lorientamento dei suoi confratelli?
«Direi che siamo cinquanta a cinquanta. Cè ancora una buona fetta di pastori contraria alle elezioni. Teme che si ridimensioni il ruolo primaziale del santo padre. Questo mi dispiace dal momento che votare non significa sminuirlo».
Che cosa cambierebbe, invece?
«Aumenterebbero la partecipazione e la corresponsabilità episcopale. Certo, eleggendo presidente e segretario, potremmo avere delle spaccature interne allassemblea. Ma sono rischi da correre. Come vescovi non abbiamo solo degli onori, abbiamo anche degli oneri».
Il papa comunque spinge per la riforma altrimenti non avrebbe nominato Galantino ad interim.
«Prima del voto bisognerà cambiare lo statuto della Cei. Lassemblea generale di maggio sarà loccasione giusta, poi, una volta avuto il placet della Santa sede alle modifiche, nella sessione straordinaria di novembre si potranno eleggere le cariche».
Il cardinale Angelo Bagnasco, confermato fino al 2018, dovrebbe dimettersi?
«Deciderà lui. Se passa la linea elettiva, è chiaro che il passo indietro sarebbe una soluzione politica-diplomatica condivisibile».
Nel frattempo lex numero due dei vescovi, monsignor Mariano Crociata, è stato promosso alla sede di Latina: promoveatur ut amoveatur?
«Sarebbe meschino pensare che sia stato spostato, perché, come qualcuno ha ipotizzato, avrebbe rifiutato il ruolo di ordinario militare. Può avere espresso delle preferenze, niente di più. Ovviamente Latina non è Firenze, larcidiocesi in cui venne inviato il predecessore di Crociata, Giuseppe Betori. Tuttavia con Francesco questa logica non ha molto senso. Anche la mia piccola Mazara ha la stessa dignità episcopale delle grandi diocesi».
ROMA
«NON me laspettavo, la nomina del nuovo segretario generale della Conferenza episcopale italiana è stata una sorpresa. Graditissima, perché monsignor Nunzio Galantino è la persona adatta a far compiere ai vescovi un passo coraggioso e innovativo. Se tutto andrà per il verso giusto, a novembre per la prima volta eleggeremo i vertici dellepiscopato». Azzarda una data monsignor Domenico Mogavero (foto) fra i pastori più influenti del Belpaese, un mese che, a sentire lordinario di Mazara del Vallo, potrebbe passare alla storia. In oltre sessantanni di vita della Cei il presidente e il segretario sono sempre stati designati dal Papa in qualità di primate dItalia. È lunico caso al mondo.
Ora, per volontà dello stesso Francesco, anche nellepiscopato italiano è stato aperto il cantiere delle riforme istituzionali, nonostante non manchino le resistenze. Mogavero, un passato prossimo da sottosegretario ai tempi del cardinale Camillo Ruini, vero deus ex machina della Chiesa tricolore e non solo, lo sa bene e non nasconde la testa sotto la sabbia.
Allinterno delle conferenze episcopali regionali è in corso una consultazione per sondare lopinione dei vescovi sulla riforma. Quale è lorientamento dei suoi confratelli?
«Direi che siamo cinquanta a cinquanta. Cè ancora una buona fetta di pastori contraria alle elezioni. Teme che si ridimensioni il ruolo primaziale del santo padre. Questo mi dispiace dal momento che votare non significa sminuirlo».
Che cosa cambierebbe, invece?
«Aumenterebbero la partecipazione e la corresponsabilità episcopale. Certo, eleggendo presidente e segretario, potremmo avere delle spaccature interne allassemblea. Ma sono rischi da correre. Come vescovi non abbiamo solo degli onori, abbiamo anche degli oneri».
Il papa comunque spinge per la riforma altrimenti non avrebbe nominato Galantino ad interim.
«Prima del voto bisognerà cambiare lo statuto della Cei. Lassemblea generale di maggio sarà loccasione giusta, poi, una volta avuto il placet della Santa sede alle modifiche, nella sessione straordinaria di novembre si potranno eleggere le cariche».
Il cardinale Angelo Bagnasco, confermato fino al 2018, dovrebbe dimettersi?
«Deciderà lui. Se passa la linea elettiva, è chiaro che il passo indietro sarebbe una soluzione politica-diplomatica condivisibile».
Nel frattempo lex numero due dei vescovi, monsignor Mariano Crociata, è stato promosso alla sede di Latina: promoveatur ut amoveatur?
«Sarebbe meschino pensare che sia stato spostato, perché, come qualcuno ha ipotizzato, avrebbe rifiutato il ruolo di ordinario militare. Può avere espresso delle preferenze, niente di più. Ovviamente Latina non è Firenze, larcidiocesi in cui venne inviato il predecessore di Crociata, Giuseppe Betori. Tuttavia con Francesco questa logica non ha molto senso. Anche la mia piccola Mazara ha la stessa dignità episcopale delle grandi diocesi».
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