«DUE PRINCIPI hanno ispirato la sua vita. Primo: ciò che non si può avere con la forza, sarà ottenuto usando più forza. Secondo: creeremo fatti compiuti sul terreno. Gli arabi dovranno conviverci. Il resto del mondo farà bene ad adeguarsi». Così Amos Oz ha riassunto la filosofia di vita di Ariel Sharon. Lo scrittore ha sempre considerato l’ex primo ministro il paradigma del male. Poi accade che il ‘bulldozer’, come Sharon è chiamato, cambia di colpo. Oz non crede alle sue orecchie: «Per la prima volta nel 2004 gli sento dire che l’occupazione di un territorio fa male a chi la impone e a chi la subisce». Un’emorragia cerebrale ha fermato per sempre il falco israeliano per antonomasia, la sera del 4 gennaio 2006. Era nato nel 1928. I suoi genitori erano ebrei russi.

LA VITA

con le armi in pugno di Ariel, detto Arik, Sharon comincia a 14 anni. Corre il 1942. La Palestina è amministrata dalla Gran Bretagna. L’adolescente Sharon si unisce al ‘Gadna’, un battaglione della milizia paramilitare Haganah che lotta sia contro gli arabi sia contro gli inglesi. A venti anni partecipa alla guerra di Indipendenza. Con il grado di tenente colonnello gli è affidata, nel 1953, una unità speciale, la «101», che ha compiti di controguerriglia e di sabotaggio. Durante la crisi di Suez, nel 1956, la sua unità dovrebbe limitarsi a controllare il passo di Mitla, il valico che immette nel Sinai egiziano. ‘Bulldozer’ se ne infischia, e avanza. Fino al 1963 non ottiene più un incarico operativo. Nel 1967, durante la guerra dei sei giorni, con il grado di generale si fa notare di nuovo per le sue capacità alla testa di una divisione corazzata nel Sinai. Il trionfatore Moshe Dayan però non lo stima. Nel 1973, viene relegato nella riserva.
In ottobre, nella notte dello Yom Kippur, tutti i paesi arabi confinanti attaccano Israele. Sharon gioca il tutto per tutto. Con i suoi reparti corazzati attraversa il canale di Suez, prende alle spalle la Terza Armata egiziana e la distrugge. Sta puntando addirittura sul Cairo, quando lo fermano.

LA STORIA


tramanda la sua foto con una benda bianca che gli fascia il capo e le parole di fuoco che scaglia contro i politici di Gerusalemme. «Arik» fa balenare lo spettro del golpe. Nel 1977 per la prima volta dalla nascita di Israele i conservatori sbaragliano i laburisti. Ma Sharon non si insedia alla difesa. «Non vorrei svegliarmi al mattino circondato dai suoi tank», spiega fra il serio e il faceto il primo ministro Menahem Begin.

SHARON

dovrà aspettare fino al 1982. Nella sua nuova veste di responsabile delle forze armate convince il capo del governo che, per liquidare il problema palestinese, è necessario invadere il Libano. È l’operazione «Pace in Galilea». Il 16 settembre, indisturbati, i miliziani falangisti cristiani massacrano centinaia di palestinesi nei campi di Sabra e Chatila. Una commissione di inchiesta israeliana riconosce la «responsabilità indiretta» del ministro della difesa. Il 14 febbraio 1983 ‘Bulldozer’ si dimette.
Riemerge, tenace, nel 1990 con un ruolo politico importante nel governo di Yitzhak Shamir: ministro dell’edilizia. Per due anni spinge a fondo sugli insediamenti nei territori palestinesi occupati. La vittoria laburista di Yitzhak Rabin nelle elezioni manda all’aria la sua strategia. Shamir la rivela: «Volevamo insediare mezzo milione di ebrei in Cisgiordania per annetterla definitivamente».
Il 28 settembre del 2000 una provocatoria passeggiata di «Arik» sulla spianata delle moschee di Gerusalemme è la scintilla che accende la seconda Intifada, la rivolta palestinese. Sharon vince le elezioni del 2001 con il 62,5 per cento. Diventa primo ministro. Nell’estate 2003 entra in una fase calda l’inchiesta per corruzione contro i figli Gilad e Omri. Il 7 novembre un sondaggio rivela che la popolarità del premier è crollata al 34 per cento.

DIECI



giorni dopo, in una suite dell’Hotel Cavalieri Hilton di Roma, Sharon lascia senza parole Elliot Abrams, responsabile della amministrazione Bush per il Medio Oriente. La striscia di Gaza, gli annuncia, sarà evacuata con un atto unilaterale. ‘Bulldozer’ è colpito dalle allarmanti proiezioni demografiche del professor Sergio Della Pergola, dell’università di Gerusalemme. Se non cedono porzioni di territorio ai palestinesi, gli israeliani rischiano di diventare minoranza nello stato ebraico. Ma le vere ragioni della svolta sono ancora un enigma. Sharon ha portato il segreto nella tomba.