ROMA
LA CASA
acquistata in Gran Bretagna e l’abbonamento a una palestra non sono bastati a dimostrare che il cantante Tiziano Ferro era residente fiscalmente all’estero, precisamente a Manchester, invece che nella natìa Latina, e ora dovrà ora pagare al Fisco italiano le tasse su redditi evasi per 3 milioni di euro (‘compensi non dichiarati’ pari a 2 milioni più un imponibile Iva per 1,3 milioni). La Commissione tributaria regionale del Lazio ha respinto il ricorso del cantante confermando le sentenze di condanna nel primo appello contro l’Agenzia delle Entrate che aveva contestato i redditi dal 2006 al 2008 con un accertamento nel maggio 2011. A fronte delle prove «esigue» portate dai legali di Ferro (il suo avvocato è Giulia Bongiorno), infatti il Fisco ha contrapposto tutta una serie di dati.

NELLA SENTENZA

si citano così «le numerosissime apparizioni televisive e radiofoniche gestite da società italiane, la prevalenza dell’attività artistica esercitata in Italia rispetto a quella svolta nel Regno Unito, l’utilizzo di carte di credito, praticamente quotidiano per acquisti effettuati in Italia, voli aerei, l’uso di uno studio di registrazione a Milano, notizie stampa e profondi legami familiari testimoniati dalla ricostruzione di viaggi effettuati da e verso Latina», la città dove è nato nel 1980. Lì, nella città pontina, il cantante ha mantenuto «la generalità dei rapporti» di carattere familiare, sociale e morale oltre che, e questo è ciò che conta di più per il Fisco, «di natura patrimoniale». Ma i giudici della commissione ‘castigano’ anche una serie di operazioni compiute da diverse società sui diritti di autore, giudicate «meri schermi societari».

AD ESEMPIO

è apaprso «inverosimile» che in una di queste, che non svolgeva alcuna attività, il cantante figurasse come «lavoratore dipendente». Società peraltro controllata da una ‘scatola vuota’ con un amministratore residente a Panama e un azionariato di società con sede in paradisi fiscali (Bahamas e isole del Canale). Emerge in questo modo «chiaramente l’intento evasivo consistente nell’aver in modo fittizio assunto la residenza fiscale nel Regno Unito creando una complessa compagine sociale finalizzata a fungere da schermo e favorire l’occultamento in Italia della sua reale capacità contributiva».
L’ultima beffa, per Tiziano Ferro, i 12mila euro di spese processuali, a suo carico.