Milano, 3 febbraio 2014 - Saremo anche il Paese degli evasori fiscali (con circa 140 miliardi di euro sottratti al Fisco ogni anno) ma nelle casse dello Stato entra comunque, sotto forma di imposte, tasse, ritenute e contributi (oltre un centinaio di voci tra prelievi nazionali e locali) una montagna di miliardi. Una somma che, secondo i calcoli dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, ha toccato nel 2012 il tetto di 472,726 miliardi.

Nonostante una pressione fiscale che nel 2013 è arrivata al 44,3% del Pil, tra le più alte del mondo, e che, avverte Giuseppe Bortolussi, segretario generale della Cgia di Mestre, sale ad almeno il 55% sottraendo dal calcolo l’effetto evasione, questo maxi-incasso non è sufficiente a coprire la voragine di una spesa pubblica che negli ultimi vent’anni, rileva uno studio di Confcommercio, è quasi raddoppiata passando (dati 2012) da 413 a 753 miliardi mentre le tasse sono cresciute di oltre il 50%, con tredici punti in più rispetto agli anni Novanta. E se calcoliamo anche gli interessi (circa 85 miliari l’anno) su un debito pubblico che ha ampiamente sfondato la soglia dei 2mila miliardi, la spesa pubblica si avvicina agli 830 miliardi. E potrebbe crescere di altri 30 miliardi da qui al 2016 come ha previsto lo stesso ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni.

Una spesa che non ripaga quanto versato in tasse perché, sotto forma di welfare, gli italiani ricevono all’anno 2.745 euro meno dei francesi e 1.920 dei tedeschi. Allo stesso modo un cittadino lombardo versa 5.775 euro di tasse in più di quanto gli viene restituito sotto forma di servizi pubblici, seguito dai 4.232 euro di un emiliano, i 3.765 di un veneto, i 2.867 di un laziale i 1.979 dei piemontesi e i 1.925 dei toscani.

Per questo, secondo il segretario della Cgia di Mestre «è venuto il momento di dire basta all’equivoco e all’alibi dell’evasione fiscale. Che ci sia un’economia sommersa pari al 17% circa del Pil è indubbio ma anche in un Paese considerato virtuoso come la Svezia l’evasione viene stimata attorno al 13-14%. È assurdo sostenere che le auto della polizia non possono fare il pieno di benzina perché ci sono gli evasori fiscali. Oggi, in Italia, il peso delle imposte erariali è al 30,5%, inferiore solo a quello di Svezia e Danimarca e ormai pari a quello della Finlandia, Paesi dove i servizi forniti dallo Stato sono ben diversi rispetto ai nostri».

Ma perché, se paghiamo così tante tasse, abbiamo un debito pubblico record e servizi così scadenti? «È il mistero di questo Paese, neppure un premio Nobel dell’economia riuscirebbe a rispondere». Ma forse basterebbe leggere nelle pieghe della spesa pubblica per avere una risposta. Scoprendo per esempio, denuncia sempre Bortolussi, che dal 2001 al 2010 il costo del lavoro del pubblico impiego è cresciuto di 40 miliardi, da 133 a 173 anche se negli ultimi tre anni c’è stato un taglio di 6 miliardi. Una crescita però non dovuta all’aumento degli stipendi di impiegati o insegnanti ma a un esercito di funzionari e dirigenti che, lo ha denunciato l’Ocse, da noi guadagnano tre volte in più che negli altri Paesi.

Achille Perego