Antonella Coppari
ROMA
L’ELOGIO

di Casini arriva da chi meno te lo aspetteresti, e cioè da Berlusconi. Con una nota smentisce i falchi del partito che si sono scatenati a dire peste e corna del leader Udc quasi respingendo la sua offerta di tornare nel centrodestra: «Lo auspico da tempo». L’aspetto curioso della storia — garantisce chi lo conosce — è che continua a considerare Casini inaffidabile. Lo ritiene non solo il simbolo della vecchia politica ma anche uno di quelli che, in passato, gli hanno impedito di realizzare i suoi programmi. E allora, perché si lancia in questa operazione di pacificazione? La spiegazione passa attraverso una telefonata mattutina che gli arriva da Toti, il suo consigliere politico. Che gli dice: «Presidente, abbiamo una chance di vincere, giochiamocela. Prendere a calci gli alleati, come fanno i giornali della casa, sarebbe un grande errore». Infatti: sulla prima pagina del Giornale campeggia un forte attacco del direttore Sallusti, mentre Daniela Santanchè spara ad alzo zero. Alle otto non erano ancora arrivati i sondaggi di Euromedia Research dai quali risulta che il centrodestra con Casini sfiora la soglia del 37% (per l’Ipsos la supera: 37,9%), limite da valicare per vincere al primo turno con la legge elettorale in discussione. Secondo la Ghisleri, la coalizione è al 36,3, mentre la sinistra sarebbe ferma al 32,4%.
Il Cavaliere ne prende atto né ha bisogno di attendere la tradizionale riunione del lunedì ad Arcore con la famiglia e i vertici aziendali per sapere che la pensano come Toti. Non basta: riceve telefonate dello stesso tenore da Romani, Brunetta & colombe varie. S’informa con la sondaggista preferita se le cose stessero in quei termini. Di fronte alla risposta positiva, si convince a dare ascolto alla testa invece che alla pancia e lancia il ‘contrordine compagni’: «Basta attacchi a Casini, sono lieto del suo ritorno». Non cita Alfano (non lo fa neanche il Mattinale -— l’house organ — quando parla di
tridente: questo per qualcuno è segno che non gli perdona se non l’addio, certi atteggiamenti) ma tra le righe si legge un velato avvertimento alle testate del gruppo. Le quali sono libere di muoversi ma la sensazione è che stiano tirando molto la corda rispetto agli schemi politico-aziendali. In ogni caso, è una frustata ai falchi, cui chiede di mettersi in riga, che fa il paio con l’ennesima frenata sui futuri assetti (ufficio politico)

LO SVANTAGGIO

di questa linea è che rafforza le pretese di Alfano e di Casini, perché li rende indispensabili per vincere. Non a caso, il leader di Ncd tuona: «Senza di noi Forza Italia straperde». E scatena una raffica di polemiche da parte degli azzurri. Casini non è da meno: «Non sono il figliol prodigo». Se la deve, però, vedere con i mal di pancia interni ed esterni. Se Maroni avverte: «Non si fa un’ammucchiata solo per vincere, serve un progetto», dentro l’Udc c’è subbuglio. Diversi esponenti (soprattutto chi governa negli enti locali con la sinistra) non approvano il cambio di passo. Per dire: in provincia di Bologna si spacca il gruppo, mentre la federazione di Modena si ribella. E per un Cesa che accetta, c’è un De Mita che sembra avere problemi a farlo.
Ora, Berlusconi è a un bivio: per effetto della legge elettorale che ha deciso insieme con Renzi, o sceglie di perdere o si rassegna a percorrere la strada verso un eventuale successo insieme alle compagnie che sono risultate a lui più sgradite. Angelino e Pier Ferdinando.