KIEV, 21 FEBBRAIO 2014 - A 21 ANNI la rivoluzione si fa anche con il cellulare in mano. Come hanno dimostrato, tra l’altro, le primavere arabe. Spesso a colpi di tweet o affidando i propri messaggi ai social network. Fino alla fine. Come ha fatto Olesya. Anche quando un proiettile l’ha colpita al collo mentre protestava in piazza a Kiev e la sua giacca bianca da infermiera ha iniziato a ricoprirsi di sangue, Olesya non si è fermata: una mano sulla ferita, l’altra con stretto il telefonino. Dev’essere stato in quel momento, fermato da uno scatto che ha fatto il giro del mondo, che ha postato il suo ultimo tweet: «Sto morendo».
Così la morte è finita in Rete. Senza modificare gli automatismi dei social network. Il disperato messaggio di Olesya è stato ritwittato migliaia di volte e scelto anche come «preferito».
Centinaia di tweet sono comparsi sotto il suo, tutti i ragazzi del movimento, tutti con i telefonini in mano, hanno iniziato a dialogare a distanza, per cercare di capire cosa le fosse successo.
I PRIMI messaggi, alcuni ritwittati anche da Euromaidan, il movimento che guida la protesta di Kiev, hanno confermato la sua morte. Molti per ricordarla hanno postato una bella foto di Olesya, sorridente, elmetto in testa e maglietta con la croce rossa sul petto, di notte, davanti alle barricate.
Poi un tweet secondo il quale in realtà ce l’aveva fatta ha riacceso la speranza, e il destino della ventunenne che voleva soccorrere e aiutare i ragazzi del movimento e protestare accanto a loro ha scatenato altre migliaia di tweet e post su Facebook. E sono iniziate ad arrivare le testimonianze: «Olesya è viva, è attaccata a un respiratore, ma è viva», ha scritto su Facebook Kristina Berdinskikh. E poi ancora qualcuno ha riferito che era stata operata, e piano piano la notizia che fosse riuscita a salvarsi ha iniziato a prendere corpo. «L’operazione è riuscita!». Su alcuni siti sono comparse le dichiarazioni dei genitori. Fino all’account di Euromaidan: «Olesya Zhukovskaya è ferita gravemente, ma viva». L’unica cosa certa è che sul suo account, nel quale ha messo una foto degli scontri che campeggia su uno sfondo a tutto schermo di rose rosse, non è comparso più alcun messaggio.

UNA VICENDA simile era accaduta nel 2009 in Iraq. Allora fu un video a registrare in presa diretta una donna colpita a morte dal cecchino. Una morte che divenne immediatamente simbolo di una protesta.