Emanuela Astolfi
BOLOGNA
IN UN PAESE

che esporta talenti e cervelli, l’università non attrae più. Solo il 30% dei diciannovenni dopo il diploma prosegue gli studi e si iscrive all’università. Il dato «è drammatico», sottolinea Andrea Cammelli, direttore di Almalaurea. Il consorzio nato vent’anni fa, che riunisce 64 atenei, ha stilato il XVI rapporto sui laureati e sulla condizione occupazionale di chi esce dall’università. In Italia, i giovani tra i 25 e i 34 anni che hanno un titolo di istruzione di terzo livello sono il 21% contro il 59 del Giappone, il 47 del Regno Unito o il 43 di Francia e Stati Uniti. Una cifra ben al di sotto della media Ocse (39%) e di quella dell’Unione Europea a 21 (36%). La strada da percorrere è una. «Stiamo commettendo l’errore tragico di considerare la scuola tecnica come una cosa di secondo grado — ha sottolineato l’ex presidente della Commissione Europea, Romano Prodi — dove si mandano i ragazzi che non sono stati bravissimi. Bisogna dare un messaggio opposto. Questi sono quelli che salveranno il Paese nel futuro».

LA FOTOGRAFIA

scattata ieri a Bologna è chiara: in Italia chi si laurea fa più fatica a trovare lavoro e quando lo trova si accontenta di contratti meno stabili e con stipendi più bassi rispetto ai colleghi del resto d’Europa. Ma chi ha un’istruzione superiore alla lunga la vince, come sottolinea Cammelli. «È vero che negli ultimi anni è in calo la percentuale di quanti lavorano — spiega —, ma molto di meno di quanto avviene per i diplomati, il che vuole dire che a 5 anni dalla laurea abbiamo solo l’8% dei laureati che non lavorano. La laurea serve».

IL TASSO

di disoccupazione, a un anno dal titolo, è cresciuto di dodici punti in quattro anni per le magistrali (lauree di secondo livello, il ‘tre più due’) e di quindici per lauree triennali e magistrali a ciclo unico (come medicina, architettura, giurisprudenza...): i laureati disoccupati sono il 26,5% di chi ha terminato la triennale, il 22,9% di quelli con laurea specialistica e il 24,4% di chi ha una laurea magistrale a ciclo unico. Nel 2007, i livelli erano profondamente diversi con tassi di disoccupazione della metà. Nel 2008, invece, i senza lavoro si fermavano al 15% per i laureati triennali e al 16,2% per quelli con laurea specialistica. Ma non solo. Stando ai numeri di Almalaurea, si lavora meno e si guadagna anche meno: rispetto al 2008, le retribuzioni reali sono calate del 20% circa, passando da oltre 1.200 euro a circa 1.000. Il settore di studi fa la differenza, come l’aver fatto un’esperienza di studio e di lavoro all’estero. A cinque anni dalla laurea, gli ingegneri e i medici che lavorano guadagnano in media 1.700 euro al mese contro i 900 degli psicologi.
Scegliere la laurea giusta può fare la differenza: il rapporto di Almalaurea stilato su un campione di 450mila studenti lo dimostra. A parità di altre condizioni, i laureati di ingegneria e delle professioni sanitarie, dei gruppi educazione fisica e scientifico risultano essere i più favoriti nella ricerca di lavoro, svantaggiati invece i colleghi dei percorsi giuridico-psicologico. Conta anche finire gli studi in fretta e conoscere le lingue.

«LA NOSTRA


sfida è investire di più sulle università», ha ribadito il ministro all’Ambiente Gian Luca Galletti, fino a poche settimane fa sottosegretario all’Istruzione. Secondo Galletti, anche il ministero dell’Ambiente può contribuire a rilanciare l’occupazione. «Il ministero dell’Ambiente è una risorsa per la crescita del Paese — ha ribadito —. Un paese che cresce rispettando l’ambiente e investe in nuove tecnologie produce posti la lavoro».