Nuccio Natoli
ROMA
SI ALZA

qualche velo sul decreto lavoro ed è subito guerra. Il segretario della Cgil, Susanna Camusso, a passo di carica sale sulle barricate: «Il decreto va abolito». Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, prende tempo: «Il premier è una Formula 1, ma quando uscirà il testo definitivo daremo un giudizio». Il ministro del lavoro, Giuliano Poletti, però, tiene il punto sul decreto che sta ancora limando sostenendo che «l’intenzione del governo è offrire la risposta più efficace alle attuali esigenze occupazionale e produttive del Paese. Fin dai prossimi giorni il Parlamento si pronuncerà e potrà suggerire proposte per un eventuale miglioramento delle norme». In sostanza, il decreto sul lavoro, che fa da prefazione al prossimo Jobs act, parte in salita.

IL PUNTO

centrale del decreto è quello che rende possibile fino a otto proroghe per il contratto a tempo determinato «senza causale», il tutto nell’arco massimo di 36 mesi. In questo modo verrebbe superata l’attuale normativa che ammetteva il «senza causale» solo al primo rapporto di lavoro a tempo determinato. Resta, però, la condizione che le proroghe siano sempre legate «alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato inizialmente stipulato».
Un altro aspetto saliente è l’introduzione del limite del 20% di contratti a tempo determinato rispetto all’organico complessivo. Però, il limite potrà essere superato dalla contrattazione collettiva per tenere conto delle sostituzioni (ad esempio, per malattie) e della stagionalità in alcuni settori. Alle piccole imprese con un massimo di 5 occupati è concesso la stipula di un contratto a termine.
L’orientamento delle nuove norme è stato difeso dal sottosegretario alla presidenza, Graziano Delrio: «Davanti alla maggiore crisi occupazionale è necessaria un’ottica nuova per trovare le soluzioni giuste».
Il nuovo, però, secondo la Cgil è peggio del vecchio. Il decreto sul lavoro — ha tuonato la Camusso — «crea un’altra forma di precarietà». Da qui la controfferta del segretario Cgil: «Siamo disposti a discutere di un contratto unico, a patto che prima si abolisca il decreto». Quindi una stoccata diretta al premier: «I rapporti con Renzi sono, dal punto di vista delle relazioni con le parti sociali, inesistenti. Anche alle richieste di Confindustria ha risposto «mandatemi delle mail». Noi non gli faremo richieste via mail e nemmeno via Twitter».

PER UNA VOLTA




il segretario della Fiom, Maurizio Landini, si è associato puntando il dito contro il decreto lavoro: «Si parlava di un contratto unico a tempo indeterminato, per ora c’è un contratto unico a tempo determinato. Così si allarga la precarietà». Di diverso parere, invece, il leader Cisl, Raffaele Bonanni che considera i contratti a termine «più garantisti per i lavoratori ad altre forme di precarietà, come partite Iva, co.co.pro e simili».