Antonella Coppari
ROMA
LO IRRITA

quasi l’idea di doversi abbassare a discutere degli zero virgola, cioè di quei decimali a cui lo vorrebbe inchiodare l’Europa nel rigido rispetto del pareggio strutturale di bilancio. Ben altro, spiega, offre a Bruxelles: un sostanzioso piano di riforme avviato in Parlamento, che rappresenta il vero cambio di passo. «Stiamo rivoluzionando e cambiando l’Italia».

MATTEO
Renzi vuole dimostrare agli alleati europei che la via intrapresa per tenere assieme crescita e patto di stabilità è percorribile e sono del tutto fuori luogo i sorrisetti complici tra Barroso e Van Rompuy, che a molti hanno ricordato quelli con cui Berlusconi è stato liquidato da Merkel e Sarkozy. Come sono ingenerose le bacchettate preventive del presidente della Commissione Ue: «Noi rispettiamo tutti i vincoli». Sì, perché la prima risposta sulla storia dei fondi strutturali non è stata affatto incoraggiante. Il premier incassa il colpo, rinviando la questione a tempi migliori. Magari dopo le elezioni di maggio, nella speranza che una vittoria dei socialisti consegni una Commissione meno arcigna. Schulz sui maggiori margini di flessibilità da lasciare all’Italia è stato possibilista.
Renzi sbarca a Bruxelles per il Consiglio europeo (Industria, energia e crisi Ucraina in temi in agenda) convinto del suo piano: solo con la crescita del Pil l’Italia può diminuire anche la mole del debito. E’ consapevole che la partita è tutta in salita, e va giocata con sagacia. Per questo, spiegano, anticipa un po’ i tempi l’uscita del presidente della Conferenza delle Regioni Errani che — al termine di un incontro degli enti locali con il capo del governo su economia e riforme istituzionali, in particolare quella del Senato — rivela che l’ospite ha intenzione di chiedere che i fondi strutturali vengano esclusi dai vincoli posti dal Patto. Un annuncio che irrigidisce gli interlocutori: «Il rispetto degli impegni presi è fondamentale», scandisce Barroso. Secca la replica di Renzi, determinato a non passare per uno scolaretto, e per giunta somaro: «Noi rispettiamo tutti i vincoli, certe polemiche sono incomprensibili», butta lì, dopo aver incontrato i socialisti europei. L’irrituale botta e risposta precede l’incontro tra i due: di fronte ai flash dei fotografi, però, il presidente del Consiglio tenta di smorzare i toni scherzando sul cappotto abbottonato male lunedì a Berlino, prima del colloquio con la Cancelliera tedesca. «Stavolta non ho sbagliato bottone». Irrituale anche il tweet con cui lo stesso Barroso, dopo il confronto, assicura che è stato «molto positivo», dichiarando il sostegno alle riforme italiane.

APRE


un varco in cui Renzi è lesto ad infilarsi: «Sono contento che l’Ue apprezzi le nostre riforme — chiarisce — noi, che siamo uno dei paesi fondatori, rispettiamo i vincoli ma anche l’Europa deve risolvere i suoi problemi». Nel faccia a faccia con il presidente della Commissione, il premier illustra il suo progetto per cambiare verso all’Italia, dalle riforme istituzionali al Jobs act rinviando però al Def (pronto pare intorno al 10 aprile) per una verifica del rispetto dei vincoli Ue, e anche di un eventuale utilizzo del margine tra il 2,6 e il 3% del deficit/pil per le coperture, «che sono fuori dubbio». Con i giornalisti mette le mani avanti: spiega che all’Europa interessano le riforme e non «discussioni su uno 0,2-0,3% di deficit», visto che «noi rispettiamo e rispetteremo i parametri». Vincoli che, assicura, non gli impediranno di cambiare l’Italia e in prospettiva l’Europa, che non deve essere «la causa del problema, ma la soluzione».