Elena Comelli
MILANO
NON

c’è pace fra Ignazio Visco e i sindacati. Il governatore di Bankitalia ieri ha lanciato un assist al premier Matteo Renzi, intervenendo alla celebrazione del centenario della nascita dell’economista Guido Carli, alla Luiss di Roma. Il numero uno di via Nazionale ha ripreso proprio le parole del suo predecessore indicando le «rigidità legislative, burocratiche, corporative, imprenditoriali, sindacali», come gli elementi che costituiscono «sempre la remora principale allo sviluppo del nostro Paese». Il riferimento ai soliti «lacci e lacciuoli» per l’economia ha scatenato la reazione del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, secondo il quale «ci sono alte autorità che spesso parlano a vanvera«. «Non si può fare di ogni erba un fascio», ha aggiunto. Gli ha fatto eco la leader della Cgil, Susanna Camusso: «Mi sembra un riproporre ricette che hanno già mostrato il loro fallimento», ha detto. Il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, ha criticato invece direttamente la Banca d’Italia, che come azionista della Bce non ha gestito nel modo migliore la crisi, come dimostrerebbe il numero di disoccupati in Europa, decisamente superiore a quello degli Stati Uniti. «Hanno fatto delle politiche per le quali metà dei giovani non hanno lavoro», ha accusato Angeletti. E anche Confindustria replica a Visco, con il numero due per il Sud: «Il governatore è un esperto della materia. Faccio difficoltà a credere che volesse essere così severo. Se un’impresa non innova muore».

PER

il governatore, le conseguenze dell’immobilismo della politica e della società italiana «sono diverse da quelle che si manifestavano negli anni Settanta: mentre allora era l’inflazione, oggi è il ristagno» dell’economia, che effettivamente fatica a imboccare con decisione la via della ripresa, ha spiegato ancora il governatore. I «segnali di risveglio che vediamo sono incoraggianti», ha concesso precisando però che «vanno confermati con un’azione riformatrice costante: solo affrontando risolutamente i nodi strutturali» sarà possibile riprendere un sentiero di crescita robusta e duratura.

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dell’Italia post crisi non fa sconti: «Siamo scivolati indietro, abbiamo accumulato ritardi nel cogliere le opportunità offerte dai grandi cambiamenti: la globalizzazione degli scambi e la rivoluzione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione». Il fatto è che in questo tempo perso «la nostra economia ha subito un ferita: né l’impulso della spesa pubblica, pur se orientata nelle direzioni più congrue, né l’espansione creditizia, pur se attuata con coraggio, varranno, da soli, a restituirle vigore», ha spiegato ancora il numero uno di Palazzo Koch. «Occorrerà che durante un certo intervallo temporale — ha proseguito Visco, sempre citando Carli — si realizzino incrementi della produttività in modi compatibili con i più progrediti assetti che si mira a stabilire nella vita aziendale e nelle condizioni di lavoro. Se ciò non accadrà saremo costretti ad accettare saggi di sviluppo inadeguati».