Alessandro Farruggia
BARI
LA SFIDA è nel cambiamento. Il governatore di Bankitalia Ignazio Visco prosegue nella sua azione di stimolo, e anche al convegno di Bari dellufficio studi di Confindustria non perde loccasione. Dice che quella di venerdì alla Luiss non era una strigliata a imprese e sindacati («Bastava ascoltare bene quello che ho detto. E cioè che rigidità legislative, burocratiche, corporative, imprenditoriali e sindacali, si noti lordine, erano la remora principale allo sviluppo del Paese»). Ma rilancia chiedendo più coraggio e innovazione. «Lo sforzo di cambiamento richiesto ai soggetti pubblici e ai policy-maker ha detto Visco deve essere accompagnato da un altrettanto profondo mutamento del settore privato, delle imprese e dei lavoratori». «La sfida per le imprese ha spiegato il governatore è di realizzare un salto di qualità di prodotto e di processo, che le porti a essere più grandi, più tecnologiche, più internazionalizzate, così da agire quali incubatrici di una delle più rilevanti dimensioni del capitale umano: la capacità dinnovare. Il rafforzamento del capitale delle imprese può facilitare una più intensa attività innovativa».
UNA ESORTAZIONE questultima che è piaciuta al presidente dellAbi, Antonio Patuelli. «Quando ciò si realizzerà ha osservato faciliterà anche nuovi flussi di credito alle imprese che avranno rafforzato il proprio capitale». E che di credito vi sia bisogno, basta chiedere alle imprese. Già le imprese. Il patron di Confidustria Giorgio Squinzi ha smorzato la polemica con Visco e anche con il governo e ha lanciato linvito a «un grande impegno comune perché siamo i primi a spingere per il cambiamento e linnovazione». «Industria e imprese ha aggiunto il vicepresidente di Confindustria e ad di Enel, Fulvio Conti devono essere azionisti nella ripresa del Paese». Ma Squinzi ha voluto mettere i puntini sulle i. «Tantissime imprese italiane ha detto alla platea perché Visco intendesse sono competitive sul mercato globale proprio perché hanno già adottato da tempo la terapia dellinnovazione», il problema è che «i segnali di ripartenza non sono ancora quelli che vorremmo».
SQUINZI ha colto loccasione per chiedere al Parlamento di «confermare le scelte del governo, che ha mostrato rapidità e coraggio, in fase di conversione del decreto lavoro». Una posizione opposta a quella dei sindacati che con Susanna Camusso hanno denunciato che «il mercato del lavoro italiano è tuttaltro che rigido» e che «i colpevoli sono le imprese e i sindacati perchè va di moda». Ma i sindacati hanno anche avuto qualche piacevole sorpresa nel discorso di Visco. «Studi della Banca dItalia ha infatti confermato il governatore mostrano come i rapporti di lavoro più stabili possono stimolare laccumulazione di capitale umano, incentivando i lavoratori ad acquisire competenze specifiche, rafforzando in ultima analisi la dinamica della produttività». Il che non toglie che Renzi dixit il governo andrà avanti sia nella conversione del decreto lavoro che nella presentazione, domani, del disegno di legge delega sul lavoro. «Cambiare il lavoro è difficile ammette con ironia il ministro del Welfare Giuliano Poletti ma a noi le cose facili non piacciono».
BARI
LA SFIDA è nel cambiamento. Il governatore di Bankitalia Ignazio Visco prosegue nella sua azione di stimolo, e anche al convegno di Bari dellufficio studi di Confindustria non perde loccasione. Dice che quella di venerdì alla Luiss non era una strigliata a imprese e sindacati («Bastava ascoltare bene quello che ho detto. E cioè che rigidità legislative, burocratiche, corporative, imprenditoriali e sindacali, si noti lordine, erano la remora principale allo sviluppo del Paese»). Ma rilancia chiedendo più coraggio e innovazione. «Lo sforzo di cambiamento richiesto ai soggetti pubblici e ai policy-maker ha detto Visco deve essere accompagnato da un altrettanto profondo mutamento del settore privato, delle imprese e dei lavoratori». «La sfida per le imprese ha spiegato il governatore è di realizzare un salto di qualità di prodotto e di processo, che le porti a essere più grandi, più tecnologiche, più internazionalizzate, così da agire quali incubatrici di una delle più rilevanti dimensioni del capitale umano: la capacità dinnovare. Il rafforzamento del capitale delle imprese può facilitare una più intensa attività innovativa».
UNA ESORTAZIONE questultima che è piaciuta al presidente dellAbi, Antonio Patuelli. «Quando ciò si realizzerà ha osservato faciliterà anche nuovi flussi di credito alle imprese che avranno rafforzato il proprio capitale». E che di credito vi sia bisogno, basta chiedere alle imprese. Già le imprese. Il patron di Confidustria Giorgio Squinzi ha smorzato la polemica con Visco e anche con il governo e ha lanciato linvito a «un grande impegno comune perché siamo i primi a spingere per il cambiamento e linnovazione». «Industria e imprese ha aggiunto il vicepresidente di Confindustria e ad di Enel, Fulvio Conti devono essere azionisti nella ripresa del Paese». Ma Squinzi ha voluto mettere i puntini sulle i. «Tantissime imprese italiane ha detto alla platea perché Visco intendesse sono competitive sul mercato globale proprio perché hanno già adottato da tempo la terapia dellinnovazione», il problema è che «i segnali di ripartenza non sono ancora quelli che vorremmo».
SQUINZI ha colto loccasione per chiedere al Parlamento di «confermare le scelte del governo, che ha mostrato rapidità e coraggio, in fase di conversione del decreto lavoro». Una posizione opposta a quella dei sindacati che con Susanna Camusso hanno denunciato che «il mercato del lavoro italiano è tuttaltro che rigido» e che «i colpevoli sono le imprese e i sindacati perchè va di moda». Ma i sindacati hanno anche avuto qualche piacevole sorpresa nel discorso di Visco. «Studi della Banca dItalia ha infatti confermato il governatore mostrano come i rapporti di lavoro più stabili possono stimolare laccumulazione di capitale umano, incentivando i lavoratori ad acquisire competenze specifiche, rafforzando in ultima analisi la dinamica della produttività». Il che non toglie che Renzi dixit il governo andrà avanti sia nella conversione del decreto lavoro che nella presentazione, domani, del disegno di legge delega sul lavoro. «Cambiare il lavoro è difficile ammette con ironia il ministro del Welfare Giuliano Poletti ma a noi le cose facili non piacciono».
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