Pierfrancesco De Robertis

ROMA, 30 marzo 2014 - CI SIAMO. Dopo anni di discussioni, domani si parte. Il treno delle riforme istituzionali sta già sbuffando in stazione. Il macchinista è Maria Elena Boschi, tutto verte sul nuovo ruolo del Senato.
«L’obiettivo è velocizzare i processi decisionali e superare il bicameralismo perfetto. Nel ddl costituzionale che presenteremo non c’è più il doppio passaggio su ogni argomento, i tempi saranno più stretti e l’ultima parola spetterà alla Camera».

Senato delle autonomie?
«Il Senato sarà composto da presidenti di Regione, sindaci delle città capoluogo di regione, due consiglieri e due sindaci per ogni Regione e 21 membri nominati dal Capo dello stato per sette anni a causa di particolari meriti. I senatori saranno privi di indennità».

Le altre novità?
«Abolizione definitiva delle province, del Cnel e nuovo Titolo V».

Svolte sul premierato?
«Non abbiamo toccato questa parte che resta come è oggi».

Lo scoglio grosso è il Titolo V.
«Le Regioni siederanno nel nuovo Senato e partecipano alle decisioni per la prima volta a pieno titolo. E si mette chiarezza e ordine tra le materie concorrenti».

Quali materie torneranno di competenza statale?
«Le scelte strategiche sul turismo, previdenza complementare, la tutela dell’ambiente, la tutela dei beni culturali, coordinamento della protezione civile, l’energia sia per la produzione sia per il trasporto».

In pratica le svuotate.
«Abbiamo fatto un percorso condiviso con loro. Alcuni interventi ce li hanno chiesti le Regioni stesse. Perderanno le funzioni legislative su alcune materie, ma l’amministrazione resterà così come è».

E le Regioni sono contente di perdere così tanto potere?
«Con il nuovo Senato le Regioni sono coinvolte al massimo, una parte di consiglieri regionali saranno anche senatori».

Un contentino....
«Non è un contentino, quanto un’assunzione di maggiore responsabilità. La Regioni finora subivano molto, adesso sono protagoniste».

I consigli regionali diventeranno disoccupati...
«Ma no. Forse Avranno meno da fare in campo legislativo».

Il Senato discuterà di queste materie diciamo ex concorrenti ma saranno presenti solo rappresentanti delle autonomie. Non sarà un po’ sbilanciato?
«Non direi. Ci sono i 21 nominati del Presidente della repubblica, poi comunque l’ultima parola spetta alla Camera».

I voti del Senato non saranno vincolanti?
«La Camera può disattendere le indicazioni del Senato».

In pratica il Senato fornisce dei consigli.
«Non sono dei consigli. Il Senato si pronuncia con autorevolezza e poi la Camera decide, in certe materie servirà maggioranza assoluta».

In settimana il ddl Delrio ha dato uno scossone alle province...
«Sono soddisfatta innanzitutto per l’introduzione delle città metropolitane, perché ne parlavano da anni e adesso le avremo. Poi perché si eliminano gli organi elettivi, risparmiando subito 160 milioni, poi altri 600 secondo i calcoli della Corte dei conti».

Il ddl Delrio è una misura avviata dal governo Letta.
«C’è sicuramente una continuità. Ma il tema del superamento delle province era stato sollevato da sempre da Renzi».

Appena lasciata la carica di presidente della Provincia.
«No, se è per questo anche durante. Ed è uno dei motivi per cui Renzi non si è ricandidato alla Provincia. In ogni caso siamo contenti dell’approvazione del ddl, ci consente di rispettare i termini temporali che ci eravamo dati: legge elettorale, poi entro marzo la presentazione del ddl costituzionale per le riforme».

La legge elettorale non c’è.
«È stata approvata alla Camera».

Quindi non è ancora legge dello Stato.
«Guardi, in fatto di tempi si può riconoscere che questo governo ha dato un impulso e una spinta nuova. È come se avesse riavviato il tasto ‘pausa’. E l’approvazione alla Camera è importante».

L’Italicum va a dopo la riforma del Senato?
«Dopo l’approvazione in prima lettura della riforma del Senato. Non aspetteremo diciotto mesi, quanti ne servono per l’iter completo per la riforma istituzionale. La prima lettura si fa entro la fine di maggio al Senato».

Ottimista.
«Ho molta fiducia nei miei colleghi, che ogni fine settimana ritornano a casa e sentono quanto sia forte la domanda di cambiamento che ci viene dalla gente».

Che cosa ne pensa della proposta di chi vuol mettere il nome di Renzi nel simbolo del Pd?
«Sono d’accordo col segretario».

Ci dice una una cosa su cui non è d’accordo con Renzi?
«Molte. Per esempio lui nel nuovo Senato voleva la presenza di tutti i sindaci dei capoluoghi. Nella nostra proposta invece ci sono solo quelli dei capoluoghi di regione. Chi lavora con noi sa che quando devo dirgli una cosa non mi faccio problemi».

È da un anno in Parlamento e da un mese al governo: come si aspettava questo mondo?
«Me l’aspettavo così: bello, appassionante, faticoso».