Roma, 30 marzo 2014 - Alla vigilia della riforma del Senato, il mondo politico discute sull'opportunità di cancellare il bicameralismo perfetto. Il presidente del Senato Pietro Grasso lancia l'appello: non abolitelo. Ma il premier tira dritto: "La musica deve cambiare". E la ministra Boschi al nostro giornale: "Così riformo lo stato".

RENZI: NO STATUS QUO - “Ho grande rispetto per il Senato e per il presidente del Senato - dice il premier al Tg2 - Capisco che deve difendere l’istituzione che presiede, ma il modo per farlo non è una battaglia conservatrice per difendere lo status quo”. E ancora: "Mai più bicameralismo perfetto, mai più ping pong istituzionale per fare le leggi, il modello che proponiamo rispetta costituzione.

“La nostra proposta - aggiunge - dice basta con il Senato come lo conosciamo adesso” e porta alla “semplificazione del processo legislativo “. “Il Senato non sarà più elettivo, altrimenti sarebbe una presa in giro nei confronti degli italiani". 

“Capisco le resistenze di tutti, ma la musica deve cambiare. I politici devono capire che se per anni hanno chiesto di fare sacrifici alle famiglie ora i sacrifici li devono fare loro”, precisa il premier. Stamattina Renzi è uscito prestissimo dalla sua casa di Pontassieve per una passeggiata in centro a Firenze, dove ha preso un caffè in uno storico bar davanti a Palazzo Vecchio. Poi, a piedi, ha attraversato il centro, concedendosi ai selfie richiesti da fiorentini e turisti e in piazza San Lorenzo ha salutato monsignor Angelo Livi che compie domani 100 anni e dove ha incontrato anche il commissario tecnico della nazionale Cesare Prandelli.

GRASSO: IL SENATO CHE VORREI -  “Il Senato che immagino io, anche in parallelo con la riforma del Titolo V, è un luogo di decisione e di coordinamento degli interessi locali fra di loro e in una visione nazionale, e in questo senso dovrebbe sostituire la Conferenza Stato-Regioni - dice Grasso a repubblica -  Sarebbe un Senato composto da senatori eletti dai cittadini contestualmente alle elezioni dei consigli regionali, e una quota di partecipazione dei consiglieri regionali eletti all’interno degli stessi consigli”. Insomma, per Grasso il Senato non è da abolire, ma da riformare.

“Io sono il primo simbolo del cambiamento e voglio il cambiamento. Non sono né un parruccone, né un conservatore. Sono un riformista, ma le riforme vanno fatte in un quadro istituzionale", aggiunge Grasso.  “Se dobbiamo fare una riforma costituzionale bisogna ponderarla e ottenere anche l’apporto dell’opposizione. Non si può cambiare la Costituzione a colpi di fiducia come si è fatto per le Province”. “Avevo parlato con il ministro delle Riforme di queste mie perplessità, non ho difficoltà a confermarlo. Ho prospettato quelle che sono le mie idee. Si dice è una bozza e ‘accettiamo dei contributi’ ma vedo che questo non è avvenuto”. “Non ho avuto nessun ritorno” ripete Pietro Grasso.

DELRIO DA FAZIO - In Italia c'è “un sistema barocco” il che “ovviamente non è un problema per i senatori ma per i cittadini”. Lo ha affermato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio, ospite a ‘Che tempo che fa’ da Fabio Fazio. “Non stiamo cercando di fare nulla di straordinariamente rivoluzionario, ma cerchiamo di dire che il Senato diventerà come in Germania” il “rappresentante delle autonomie locali”, sarà un Senato di “non eletti”.  Sul dd di Fs Moretti: “Penso che ci debbano essere regole uguali per tutti, chi lavora nelle aziende pubbliche deve avere un tetto”. Sugli F35: "Necessaria una revisione del programma". DELRIO A 'CHE TEMPO CHE FA', L'APPROFONDIMENTO

BERLUSCONI - “Sulle riforme istituzionali noi ci siamo, ma solo se sono una cosa seria, nè accetteremo testi blindati”. Lo ha detto Silvio Berlusconi in collegamento telefonico a Sassuolo per ricandidatura Luca Caselli a sindaco del centrodestra. “Serve più potere - aggiunge - al premier, anche riguardo la facolta’ di sostituzione dei propri ministri”. “In Italia oggi non c'è democrazia. La nostra missione è convincere il 50% dei votanti a premiare il nostro progetto per restituirla al Paese”. “Lo scontro istituzionale in atto sul Senato e i dissapori nel Pd fanno sospettare che Renzi fatichi a mantenere le promesse, e questo potrebbe alimentare le delusioni di tanti e l’antipolitica. Serve l’elezione diretta del capo dello Stato - aggiunge - e serve una legge elettorale al più presto perché presto potremmo essere chiamati a votare”. Poi sul libro che sta per arrivare: "Ho finito la notte scorsa di scrivere un instant book - aggiunge - in cui parlo di questo colpo di Stato, di questa fase in cui governa chi non è eletto”.

SERRACCHIANI - “Grasso è un presidente di garanzia ma credo anche che, essendo stato eletto nel Pd, debba accettarne le indicazioni”, replica il vicesegretario del Pd, Debora Serracchiani.

MONTI: SOCIETA' CIVILE IN SENATO - "Nel momento in cui si vuole, opportunamente, valorizzare la Camera dei deputati come l’unica, vera arena della politica, vi è il rischio che la ponderazione, la competenza, la consapevolezza degli effetti di lungo periodo dei provvedimenti, la conoscenza della dimensione europea e internazionale, vengano a soffrirne, ma il Senato, con un’opportuna composizione e assegnazione di compiti, può fornire alla ‘respirazione' di una buona politica un polmone essenziale, distinto e complementare a quello della Camera", scrive Mario Monti in una lettera al Corsera in cui parla di una "bozza di disegno di legge costituzionale, predisposta con Renato Balduzzi e con l’apporto di Linda Lanzillotta".

E spiega: "Si tratta di vedere nel nuovo Senato un’istituzione necessaria per fare funzionare al meglio la nuova architettura complessiva. Nel nostro progetto  si cerca di realizzare questa missione attraverso un Senato composto non solo da rappresentanti delle autonomie territoriali, ma anche da esponenti delle autonomie funzionali e sociali. Un modo per avvalersi anche di quanto la società civile può dare al Paese".

APPELLO CONTRO LE RIFORME - Intanto Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio sottoscrivono l’appello di Zagrebelsky e altri contro le riforme. Sono una “svolta autoritaria” dicono i Cinque Stelle.