ISTANBUL
NON
è affondato come molti in Turchia e fuori speravano. Impantanato negli scandali, azzoppato da una raffica di rivelazioni compromettenti, il ‘sultano’ sembra essere riuscito a vincere il voto della sopravvivenza politica e ad evitare di chiudere così ingloriosamente la sua finora inarrestabile cavalcata politica. Il suo partito islamico Akp, con il 50% delle schede scrutinate, è il primo con il 46,8%, in calo solo di meno di tre punti rispetto allo storico 49,6% conquistato alle politiche del 2011. Il primo partito dell’opposizione, il Chp del socialdemocratico Kemal Kilicdaroglu, che lo ha ribattezzato il ‘dittatore’ e il ‘Primo Ladro’, si fermerebbe al 28%, i nazionalisti del Mhp al 14.6%, i curdi del Bdp al 5%.
A Istanbul e Ankara, le due più grandi città del Paese che l’opposizione sperava di strappare a Erdogan, la situazione dovrebbe essere del tutto chiara solo questa mattina. Nella megalopoli del Bosforo, l’uscente Akp Kadir Topbas ha un buon vantaggio sul candidato dell’opposizione Mustafa Saigul. Ad Ankara l’islamico Melih Gokcek, il sindaco uscente, e Mansu Yavas, il candidato del Chp, sono testa a testa. Si sorpassano a vicenda con il progredire dello spoglio. Ognuno dei due ha già annunciato di avere vinto. L’‘europea’ Smirne, la terza città del Paese, tradizionalmente socialdemocratica, rimane nelle mani dell’opposizione, con la maggior parte della costa dell’Egeo fino ad Antalya e con la Turchia europea. La giornata alle urne è stata macchiata anche dal sangue per scontri tra clan schierati con diversi candidati in aree rurali nelle province di Hatay e Sanliurfa, vicino al confine con la Siria: il bilancio è di otto morti e almeno venti feriti.

L’AGENZIA


turca Dogan rilancia foto di blindati che si dirigono verso piazza Taksim, a Istanbul, per spegnere sul nascere eventuali proteste. Nei giorni scorsi da ambienti di opposizione erano filtrati timori per possibili brogli. Il vicepresidente del Chp, Haluk Koc, ieri ha avvertito che i risultati definitivi potrebbero riservare sorprese, contestando la «sporca manipolazione» realizzata con la diffusione dei dati parziali. «Va tutto bene», ha detto ai militanti, che ha esortato a sorvegliare le urne «fino allo spoglio dell’ultima scheda». La tensione nel Paese resta alta, ma il ‘sultano’ ora sembra più forte. «Erdogan è ferito mortalmente — ha scritto prima del voto il politologo Ahmet Insel —, ma non cadrà subito». Il voto di ieri sembra dargli ragione.