Antonella Coppari

ROMA, 8 APRILE 2014 - «LA VERITÀ? È che forse ci conviene attendere le europee prima di votare l’Italicum. Questa legge è fatta per distruggere il terzo partito, e se lo diventiamo noi?». La mette così un big forzista alle nove di sera. Quando la polemica tra governo e Forza Italia ha raggiunto l’apice, i toni ultimativi di Brunetta («o si fa la legge elettorale prima di Pasqua o salta l’intesa sul Senato») hanno indotto Renzi a telefonare non solo al suo interlocutore quotidiano, Verdini, ma allo stesso Berlusconi, impegnato ad Arcore con i suoi avvocati, per capire se avessero davvero intenzione di sfilarsi. Il risultato? Il premier strappa garanzie sul percorso riformatore e in cambio, assicura che — se i toni si abbasseranno — il faccia a faccia con l’ex Cavaliere ci sarà prima di giovedì, quando si riunirà il tribunale di sorveglianza di Milano per decidere in che modo Berlusconi dovrà scontare la condanna Mediaset. «Sono sicuro che in questo incontro sarà possibile mettere a punto le procedure e i dettagli per la modifica del Senato e per i tempi dei percorsi parlamentari, che non facevano parte dell’accordo», sottolinea in una nota il leader forzista. Che rilancia: «Non ci rimangiamo la parola». Epperò insiste sull’opportunità di approvare prima la modifica del Porcellum.

TUTTO si tiene, dunque. Anche la tensione che ha segnato la giornata raggiungendo l’apice con la dichiarazione di guerra di Brunetta. Il quale chiede a Renzi addirittura di dimettersi «se non tiene fede ai patti». Immediata la replica del ministro Boschi, i che liquida l’ultimatum sull’Italicum come «un’idea» del capogruppo FI «anche perché mancano 10 giorni a Pasqua». Se Toti offre una (parziale) copertura a Brunetta sottolineando che senza i voti dei berlusconiani le riforme «non possono passare», durissimo è il presidente del consiglio. «Non accettiamo ultimatum da nessuno, men che meno da Brunetta». E a chi gli chiede se ha in agenda un incontro (sollecitato pure da Toti) con l’ex Cavaliere risponde: «Non mi risulta».

MOSTRA i muscoli, convinto che quello di Forza Italia sia «solo un bluff», frutto anche delle divisioni interne al partito. «Le riforme si faranno pure senza Berlusconi». Sventola il fantasma del referendum confermativo, consapevole che nel Pd ci sono diversi mal di pancia: per questo, assicura, che lascerà spazio al dibattito. Dietro le quinte, continua il lavoro dei mediatori. Verdini e Letta zio non cambiano idea: restare al tavolo delle riforme è l’unico modo per Berlusconi di non farsi mettere in un angolo. Con buona pace dei «guastatori» come Brunetta & co. che mettono zeppe sui binari dell’intesa. «Forse perché aspirano a partecipare a qualche vertice con Renzi», butta lì qualche maligno. Ma i toni duri fanno gioco a Berlusconi: servono per ridurre a più miti consigli l’interlocutore. Nella convinzione che cruciale per le riforme sarà l’imminente decisione dei giudici milanesi.