Stefano Grassi
ROMA
L’ITALIA

non è un paese per giovani. Decisamente. Rispetto ai loro coetanei europei, i nostri ragazzi se la passano molto peggio: hanno meno soldi in tasca, lavorano poco o niente e, scopriamo ora, completano il corso degli studi e si laureano in numero infinitamente minore di tutti gli altri studenti europei, compresi quelli dei paesi dell’Est.
È l’ultima amara radiografia che ci viene da Eurostat, il servizio statistiche della Ue, che ha analizzato i percorsi universitari dei giovani europei, mostrando che solo un italiano su cinque (il 22,4 per cento) tra i 30 e i 34 anni ha conseguito una laurea, percentuale più bassa di tutta l’Unione europea a 28, ben 14,4 punti in meno della media: pari al 37 per cento nel 2012. L’Italia fa peggio di tutti, piazzandosi alle spalle perfino della Romania, che partendo da un livello più basso nel 2002, il 9,1 per cento di laureati, in 10 anni è riuscita a salire al 22,8 per cento. Terzultima è la Croazia con un 25,9 per cento. All’opposto i valori più alti si registrano in Irlanda, col 52,6 per cento (quindi oltre uno su due), Lussemburgo e Lituania. In Germania i laureati, sempre sui 30-34 anni sono il 33,1 per cento, in Francia il 44 per cento.
Anche sugli abbandoni scolastici e post scolastici l’Italia arranca. Nella fascia compresa tra i 18 e i 24 anni: quinto posto alle spalle di Romania, Portogallo, Malta e Spagna. Perché in questo caso è proprio il paese iberico a registrare la percentuale più elevata, 23,5 per cento, contro una media Ue dell’11,9 per cento. Il dato italiano, 17 per cento, segna un miglioramento dal 22,3 per cento del 2005, ma è ben lontano dal 10% stabilito dalla Ue come soglia. Tornando ai dati sulle percentuali di giovani laureati, si confermano quote decisamente più elevate tra le donne rispetto agli uomini. Sulla media di tutta l’Ue a 28 ci sono un 41 per cento di donne laureate rispetto a un 32,6 per cento di uomini. In Italia le donne sono il 27,2 per cento, quasi dieci punti in più rispetto ai 17,7 per cento degli uomini laureati.

L’ITALIA



ha comunque fatto dei progressi visto che nel 2002 la percentuale dei laureati era solo al 13,1%. L’obiettivo italiano è di raggiungere un tasso di laureati nella fascia tra i 30 e i 34 anni di almeno il 26% entro il 2020. A livello Ue l’obiettivo è del 40%.
Disaffezione allo studio, fallimento della riforma della laurea breve o altre motivazioni? La risposta più appropriata l’ha fornita di recente il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, rilevando che fra i laureati italiani dai 25 ai 34 anni la disoccupazione, tra il 2008 e il 2012, è aumentata del 46%. «Un dato molto allarmante», ribatte Andrea Cammelli, direttore di AlmaLaurea, che però rileva come prendendo in esame l’intero arco della vita lavorativa, la laurea ha garantito finora migliori esiti occupazionali e migliori retribuzioni. Insomma, laurearsi conviene ancora.