ROMA, 17 aprile 2014 - LA LETTERA per spiegare come mai l’Italia ritarderà di un anno il pareggio di bilancio è partita ieri sera da via da via XX Settembre. Destinazione, Bruxelles. Il ministro dell’Economia Padoan ha spiegato che il programma di stabilità (parte integrante del Def) contiene uno «scostamento dall’obiettivo di medio periodo della finanza pubblica» e ha invocato la clausola delle «circostanze eccezionali»: il nostro deficit strutturale nel 2015 non potrà essere in linea perché il governo, per far fronte alla «grave recessione», pagherà altri 13 miliardi di debiti contratti dalla pubblica amministrazione con i suoi fornitori e il rapporto debito-Pil aumenterà già quest’anno.

FAVORIREMO la crescita, ma questo comporterà una «deviazione temporanea» dagli obiettivi del pareggio di bilancio fissati in Costituzione. A stretto giro, la risposta della Commissione, che «prende atto» del rinvio al 2016 degli obiettivi di bilancio e, come scrive con il vicepresidente Siim Kallas, si riserva di «valutare il percorso di aggiustamento verso l’obiettivo di medio termine». La sentenza Ue arriverà il 2 giugno. Le due missive, trasmesse ai presidenti di Camera e Senato, hanno chiuso una giornata di discussione convulsa sul Def. Durissimo lo scontro tra il presidente di Montecitorio Boldrini e Renato Brunetta che protestava per la mancata trasmissione della lettera al Parlamento. Oggi il Def passerà all’esame dell’Aula di Montecitorio. Le votazioni saranno due: una a maggioranza assoluta sul rinvio del pareggio di bilancio, l’altra a maggioranza semplice sul Documento. Conti pubblici a parte, il governo torna a concentrarsi sul Jobs act. Il ministro del Lavoro Poletti ha annunciato contratti a tempo indeterminato meno cari del 10-12% rispetto a quelli a termine. Il decreto su contratti e apprendistato approderà domani nell’aula della Camera e quasi sicuramente il testo (in parte modificato dalla minoranza Pd) verrà blindato dal voto di fiducia previsto per martedì prossimo. Ma il ministro del Lavoro già pensa al disegno di legge delega che dovrebbe essere approvato entro sei mesi dal Parlamento. Il contratto a tempo indeterminato, ha chiarito Poletti, «deve costare meno di quello a termine: ora la differenza è dell’1,4%, se non arriviamo almeno al 10% non è significativo, se poi raggiungiamo il 12% va bene. L’imprenditore deve poter scegliere tra quello che costa meno e quello che lo lascia più libero».

IL MINISTRO è anche tornato sull’ipotesi di rendere più flessibile il pensionamento, soprattutto degli esodati, a cui aveva lavorato il suo predecessore Giovannini: «L’idea è molto semplice. Ti manca un anno al pensionamento? Ti do un assegno, che non è la pensione, fino a quando raggiungi i termini. Per questo anno la tua impresa continua a pagare i contributi previdenziali e l’assegno che ti ho dato lo restituisci nei tuoi 30 anni di pensione». Ma il ministro non ha dato cifre.
Intanto il governo continua la caccia alle risorse per ridurre l’Irpef. I famosi 80 euro dovrebbero andare anche a colf e badanti, ma non è ancora chiaro come. Di sicuro il taglio del cuneo fiscale, che sarà approvato dal consiglio dei ministri di domani, non verrà finanziato inserendo il canone Rai nella bolletta elettrica o nella Tasi. L’ipotesi, caldeggiata dal commissario Cottarelli per recuperare circa 300 milioni è stata smentita da Palazzo Chigi. Agli scettici Renzi risponde con un tweet: «#Amicigufi, ma aspettare venerdì no?».