Antonella Coppari
ROMA
RENZI

aspetta da Berlusconi risposte chiare e definitive. Ieri sera ha avuto da Toti una conferma che il dialogo non è completamente chiuso: «Nessuno osi pensare che Forza Italia non rispetta i patti. Chi non li ha rispettati fino ad oggi è il Pd». L’uscita del consigliere politico dell’ex Cavaliere è frutto di una serie di contatti; malgrado la festa della Liberazione, i canali di comunicazione sono stati più aperti che mai. Protagonisti Verdini e Guerini: il filo diretto è cominciato giovedì durante la registrazione di Porta a porta, quando il vicesegretario Pd ha telefonato per chiedere se si stavano sfilando dall’accordo (e il senatore toscano ha trasferito il messaggio di moderati i toni a Silvio in trasmissione), non si è più interrotto. I pontieri stanno lavorando per individuare un testo da votare tra martedì e mercoledì in commissione Affari costituzionali di Palazzo madama che stia bene tanto alla maggioranza (e alla sinistra del Pd) quanto a Forza Italia, anche perchè incombono i grillini, pronti a votare il disegno di legge di Chiti. Lo schema su cui si ragiona riguarda soprattutto la composizione del nuovo Senato: si ipotizza un impianto che leghi il numero dei senatori a quello degli abitanti di una regione (posto, per dire, che la Lombardia ne avrà 10 al Molise ne spetteranno 2), che abbia 5 persone di chiara fama nominate dal capo dello Stato e altrettanti rappresentanti di aree metropolitane. E si sta pure discutendo dell’opportunità o meno di far partecipare i senatori alla nomina degli organismi di controllo come la Consulta. Difficile dire se tanto basterà a placare gli animi degli oltranzisti Fi come Brunetta, convinti che tutto sia da buttare a mare. In ogni caso, da Largo del Nazareno parte una salva di avvertimento: «Berlusconi fa campagna elettorale, noi comunque andiamo avanti anche senza Fi — avverte il ministro Boschi — i numeri ci sono». Non abbiamo paura del voto», aggiunge la Serracchiani.

TANTA

tensione preoccupa il capo dello Stato che oggi vede Renzi: piatto forte del giro d’orizzonte sul governo saranno le riforme e la posizione del partito di Berlusconi. Al di là dell’ombra delle Europee, appare evidente al Colle che la gestazione di un testo condiviso resti in salita. Tanto che lo stesso ministro delle riforme frena sulla data indicata da Renzi per la prima lettura in aula: «Il 25 maggio? Con una o due settimane in più non sarà un dramma». Scavallare il voto europeo è uno degli obiettivi di Berlusconi, assieme a quello di non lasciare al premier tutti i meriti della vicenda riforme. Chi ci ha parlato lo descrive «molto soddisfatto» di essere tornato al centro dei giochi, tanto che vuole mettere anche l’elezione diretta del capo dello Stato, come dice Toti. «Voglio tirare al massimo la corda prima di dare il via libera», spiega.