Ettore Maria Colombo
ROMA
«LORIZZONTE resta quello di legislatura, il 2018». Altro che tentazioni di elezioni anticipate, magari a ottobre, oppure nel 2015. Il Capo dello Stato, da questo orecchio, proprio non ci sente. Cè di mezzo il semestre italiano di presidenza dellUnione e Napolitano non vuole scherzi da nessuno, neppure da uno come Renzi, di cui pure si fida, ormai, e ha imparato a conoscere. Le riforme devono andare avanti, nel modo più serio e compiuto possibile e con la più larga maggioranza auspicabile, Forza Italia dentro oppure no, avrebbe detto linquilino del Colle al premier.
È DURATO, non a caso, circa unora e mezzo lincontro al Colle tra Matteo Renzi e Giorgio Napolitano. Il colloquio è iniziato alle 12, naturalmente al Quirinale («Quando lei mi convoca io vengo», diceva, deferente, Renzi intercettato dai microfoni di Rainews24): aveva per tema le riforme costituzionali su cui sembra traballare il patto tra il Partito democratico e Forza Italia, anche se si è spaziato anche su altro (Def, decreti in scadenza, situazione in Ucraina). Bocche cucite, alluscita, ovviamente. Nemmeno una parola dal Colle: si vorrebbe derubricare il colloquio a routine, il che non era. Esce, invece, la consueta velina di palazzo Chigi. «Parlando con i suoi» il premier avrebbe spiegato che lorizzonte resta il 2018: «Abbiamo davvero troppo da fare, troppo da cambiare per lasciarci distrarre da chi vorrebbe che non cambiasse mai nulla», il mantra renziano. Non è un caso si sottolinea a Palazzo Chigi che il presidente del Consiglio abbia ribadito lorizzonte del 2018 nel giorno in cui ospita (ma a cena, mentre Napolitano vede re Juan Carlos) il primo ministro francese, Valls.
IL PREMIER cerca anche di rassicurare sulla situazione politica, a partire dal nuovo corso aggressivo di Berlusconi («rispetteremo i patti ma solo se avremo voce in capitolo», ha ribadito ieri il Cav), derubricando le fibrillazioni degli ultimi giorni sulle riforme come «pulsioni elettorali». Per Renzi, va registrato «il messaggio pro-riforme di Forza Italia e lapertura di Calderoli», lex ministro.
Certo è che la settimana che si apre sarà ricca di incontri-scontri. Renzi vedrà domani Finocchiaro e Zanda, martedì lintero gruppo democrat del Senato. In vista di un voto (mercoledì si dovrebbe incardinare il testo base da parte del duo Finocchiaro-Zanda) che, almeno in commissione, sancisca prima che il Senato chiuda, il 18 maggio, per le Europee il varo del Senato delle Autonomie. Un possibile compromesso potrebbe essere la proposta del lettiano Francesco Russo, che collima con il ddl presentato da Calderoli: punta a individuare i futuri senatori contestualmente ai consiglieri regional nei rispettivi consigli (una sorta di elezione a metà che toglierebbe, tra laltro, posti ai sindaci), la riduzione della quota di senatori di nomina presidenziale da 21 a cinque, una migliore ripartizione (proporzionale) tra Regioni grandi e piccole e lattribuzione al Senato di maggiori poteri di garanzia e controllo.
ROMA
«LORIZZONTE resta quello di legislatura, il 2018». Altro che tentazioni di elezioni anticipate, magari a ottobre, oppure nel 2015. Il Capo dello Stato, da questo orecchio, proprio non ci sente. Cè di mezzo il semestre italiano di presidenza dellUnione e Napolitano non vuole scherzi da nessuno, neppure da uno come Renzi, di cui pure si fida, ormai, e ha imparato a conoscere. Le riforme devono andare avanti, nel modo più serio e compiuto possibile e con la più larga maggioranza auspicabile, Forza Italia dentro oppure no, avrebbe detto linquilino del Colle al premier.
È DURATO, non a caso, circa unora e mezzo lincontro al Colle tra Matteo Renzi e Giorgio Napolitano. Il colloquio è iniziato alle 12, naturalmente al Quirinale («Quando lei mi convoca io vengo», diceva, deferente, Renzi intercettato dai microfoni di Rainews24): aveva per tema le riforme costituzionali su cui sembra traballare il patto tra il Partito democratico e Forza Italia, anche se si è spaziato anche su altro (Def, decreti in scadenza, situazione in Ucraina). Bocche cucite, alluscita, ovviamente. Nemmeno una parola dal Colle: si vorrebbe derubricare il colloquio a routine, il che non era. Esce, invece, la consueta velina di palazzo Chigi. «Parlando con i suoi» il premier avrebbe spiegato che lorizzonte resta il 2018: «Abbiamo davvero troppo da fare, troppo da cambiare per lasciarci distrarre da chi vorrebbe che non cambiasse mai nulla», il mantra renziano. Non è un caso si sottolinea a Palazzo Chigi che il presidente del Consiglio abbia ribadito lorizzonte del 2018 nel giorno in cui ospita (ma a cena, mentre Napolitano vede re Juan Carlos) il primo ministro francese, Valls.
IL PREMIER cerca anche di rassicurare sulla situazione politica, a partire dal nuovo corso aggressivo di Berlusconi («rispetteremo i patti ma solo se avremo voce in capitolo», ha ribadito ieri il Cav), derubricando le fibrillazioni degli ultimi giorni sulle riforme come «pulsioni elettorali». Per Renzi, va registrato «il messaggio pro-riforme di Forza Italia e lapertura di Calderoli», lex ministro.
Certo è che la settimana che si apre sarà ricca di incontri-scontri. Renzi vedrà domani Finocchiaro e Zanda, martedì lintero gruppo democrat del Senato. In vista di un voto (mercoledì si dovrebbe incardinare il testo base da parte del duo Finocchiaro-Zanda) che, almeno in commissione, sancisca prima che il Senato chiuda, il 18 maggio, per le Europee il varo del Senato delle Autonomie. Un possibile compromesso potrebbe essere la proposta del lettiano Francesco Russo, che collima con il ddl presentato da Calderoli: punta a individuare i futuri senatori contestualmente ai consiglieri regional nei rispettivi consigli (una sorta di elezione a metà che toglierebbe, tra laltro, posti ai sindaci), la riduzione della quota di senatori di nomina presidenziale da 21 a cinque, una migliore ripartizione (proporzionale) tra Regioni grandi e piccole e lattribuzione al Senato di maggiori poteri di garanzia e controllo.
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