ROMA
NUOVO PATTO
della Salute con le Regioni che dovranno rinunciare a scampoli di autonomia a favore di una maggiore trasparenza; costi standard già operativi; investimenti nel campo della sanità attraverso l’autofinanziamento e programmi a lungo termine pensando alla società di domani. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, è tanto determinata quanto sorridente mentre partecipa alla videochat di Quotidiano.net. Candidata alle Europee per il nuovo centro destra nel Collegio del centro, fotografa l’Italia di domani.
Di qui a vent’anni che tipo di costi ci si troverà ad affrontare?
«Occorre programmare a lungo termine e non limitarsi a gestire le emergenze. Abbiamo individuato tre linee di azione: al primo posto c’è la prevenzione, sia primaria che secondaria. Corretti stili di vita, ad esempio. Secondo punto la programmazione con la realizzazione di realtà intermedie e territoriali. Al terzo, come si pensa alla previdenza complementare, si dovrà pensare a una sanità complementare».
Pensa a un modello americano?



«No, parliamo sempre di mantenere il sistema universalistico».
A breve dovrebbe essere pronto il nuovo Patto per la salute?
«Il Patto per la salute è il progetto di pianificazione e programmazione della sanità elaborato con il Mef e le Regioni. Alle Regioni ho chiesto poche cose ma applicabili perché ci vuole un cambio di marcia. La filosofia è risparmiare e reinvestire. I fondi vanno trovati all’interno del sistema. Penso alla gestione diversa di contratti e appalti e alla riprogrammazione. Gran parte di questo “efficientamento”, mi si conceda il termine, viaggia attraverso la digitalizzazione di tutti i processi. L’impianto già esiste ma dobbiamo andare a sistema e le Regioni devono cominciare a caricare i dati in modo costante e frequente. È proprio dall’incrocio dei dati che possiamo capire se c’è un reparto fuori target, con troppe prestazioni o troppo poche, possiamo scoprire come lavorano le camere operatorie etc. Con questo sistema un’Agenas che immagino diversa, potrebbe intervenire con una task force di esperti capaci di controllare la gestione. Agenas diventerebbe il braccio operativo di Ministero e Regioni».
Significa meno potere alle Regioni?



«Le Regioni devono cedere, secondo me anche prima che sia riformato il titolo V della Costituzione».
E i costi standard?
«Li abbiamo varati e sono a regime anche se non ci sono stati titoloni sui giornali».
Molti lettori lamentano attese lunghissime per analisi specialistiche anche in presenza di patologie gravi.



«È un problema molto sentito. Se accade invito a scrivere a Ministero perché si possano avviare controlli. Intanto stiamo predisponendo un piano nazionale liste di attesa per patologie più gravi. Tac, chemio, etc... Molti pazienti non sanno di avere diritto a corsie preferenziali per questi accertamenti che, in molti casi, vengono dirottati non sul convenzionato ma sul privato. Il controllo dei dati resta fondamentale: prescrizioni sovradimensionate, prestazioni diagnostiche inadeguate. L’Agenas, tramutata in agenzia di controllo, dovrà avere poteri non solo sulla verifica dei bilanci ma anche sulla gestione dei Lea».
Altro problema: l’impossibilità, a volte, di reperire medicinali a causa del mercato parallelo.

«È un fenomeno folle tutto italiano. Noi trattiamo il prezzo nel modo più basso invece di essere avvantaggiati siamo svantaggiati. Abbiamo coinvolto Federfarma per verifiche più stringenti».
Emotrasfusi e risarcimenti, ci segnalano ritardi nei pagamenti

«Abbiamo liquidato arretrati per 900 posizioni e ora stiamo pagando anche gli altri. Nell’ultima Finanziaria sono stati previsti ulteriori fondi. È una di quelle situazioni in cui la macchina si inceppa: stanzia fondi, decide i destinatari e poi si ferma».
Medici, contratto, scuole di specializzazione, concorsi. Ci sono molte domande.

«Il blocco del turn over ha determinato la non progressione della carriera medica. Dovrò riuscire a fare i concorsi e dovrò convincere le Regioni: recuperare risorse per reinvestirle. Per quanto riguarda il contratto lo so. È un problema e ringrazio i medici e tutti gli operatori che non hanno fatto sciopero perché hanno compreso la situazione di emergenza. Ma l’emergenza va superata».
Silvia Mastrantonio