MARSIGLIA
PRESO.
È stato catturato il killer del museo ebraico di Bruxelles che ha ucciso due turisti israeliani, una donna francese e un impiegato belga, oltre ad avere ferito un’altra persona ancora tra la vita e la morte. Mehdi Nemmouche, 29 anni, nome maghrebino ma nazionalità francese con sette condanne per altrettante rapine in Francia, è stato bloccato alla stazione degli autobus di Marsiglia. Nel bagaglio, un kalashnikov, una pistola, centinaia di cartucce, una telecamera e un cappellino identico a quello ripreso al museo.
I doganieri hanno aperto la grossa borsa e sono rimasti basiti. Nemmouche proveniva da Amsterdam via Bruxelles ed è stato intercettato venerdì. Soltanto dopo sono scattati i controlli incrociati e le verifiche hanno accertato che si trattava di una persona nota per precedenti comuni che si era allontanata dalla Francia per trascorrere un anno in Siria. Preso per caso, ma sicuramente colpevole. Gli investigatori, belgi e francesi, non hanno dubbi e poche perplessità appaiono possibili visto quello che si portava dietro.

OLTRE ALLE ARMI


— che saranno sottoposte a perizia balistica — c’era la telecamera che l’attentatore teneva attaccata alla tracolla della borsa, il berretto con visiera. Nemmouche, sicuro di essere «un invisibile», non si era preoccupato di far sparire nulla e, anzi, aveva avvolto il fucile automatico in un lenzuolo con la scritta «Stato islamico in Iraq e nel Levante», che è la sigla di un gruppo collegato ad Al Qaeda nel quale finiscono i jihadisti francesi. Suoi gli oggetti, sua la voce che accompagna, fuori campo, un video di 40 secondi che portava con sé e nel quale sono inquadrate le armi, gli abiti. Voleva riprendere tutto della strage al museo, ma la telecamera non aveva funzionato ed è lui stesso che lo racconta nel sonoro. Voleva, sono certi gli 007, ripetere l’azione di Mohamed Merah che, nel 2012, aveva compiuto una strage con sei vittime a Tolosa e l’aveva filmata. Obiettivo, sempre cittadini ebrei.

NEMMOUCHE,

di una città del nord della Francia al confine con il Belgio, non parla. Ha detto di voler utilizzare il diritto al silenzio e di essere soltanto un senza tetto.

IL BELGIO

ha già richiesto l’estradizione. Nemmouche è la personificazione di quello che è diventato il grande terrore europeo: cittadini del continente che sposano la causa jihadista e seminano morte. Dopo un’infanzia difficile sballottato tra molte famiglie affidatarie, Nemmouche scelse la via della criminalità. Condannato 7 volte per reati comuni lascia la galera a dicembre 2012. È proprio in cella che avviene la trasformazione e diventa islamico radicale. Tre settimane dopo si imbarca per un lungo viaggio che lo porta fino in Siria dove rimane un anno. Si addestra e riparte per l’Europa: gli inquirenti ritengono che abbia scelto una base in Belgio per preparare l’attacco e sono a caccia di complici. Nemmouche passa inosservato: non ha una casa, un indirizzo. È francese e «invisibile».
Silvia Mastrantonio