ROMA
IL GOVERNO
incassa il primo passaggio al Senato del decreto Irpef che ora arriva alla Camera dove, quasi certamente, avrà lo stesso tipo di iter accelerato dalla fiducia. Il programma prevede l’approvazione definitiva del dl entro fine giugno. Ieri questo voto al Senato ha fatto nuovamente slittare la partita delle riforme; la commissione Affari Costituzionali di palazzo Madama, infatti, è stata rinviata a dopo i ballottaggi delle amministrative. Un modo per prendere tempo, visto che l’accordo politico sembra ancora lontano. Dice il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi: «Sono un’inguaribile ottimista, sono convinta che troveremo un accordo con Forza Italia sui punti da definire». Ma nel caso in cui si arrivasse allo strappo del patto del Nazareno «andremo avanti con la maggioranza che già c’è e che sostiene questo governo». La risposta da parte degli uomini di Berlusconi non si è fatta attendere: «Noi ci siamo sempre stati — ha confermato Giovanni Toti, consigliere politico del Cavaliere — e ci siamo anche oggi sulle riforme, ma serve una discussione franca». Il nodo è ancora l’elettività del Senato, visto che Berlusconi resta allergico a un modello di istituzione non eletto direttamente dai cittadini. In generale, il «modello francese» proposto dal governo pare perdere quota.

OLTRE

al piano B, svelato dalla Boschi, altre ipotesi sono sul tappeto, ma a pesare sul percorso della riforma (che ha visto ieri il Pd dividersi anche sul Titolo V), vede, al momento, sul tavolo della commissione 16 fascicoli di emendamenti: una minima parte degli oltre 4 mila depositati. Se anche dopo il fine settimana la situazione resterà di blocco tra le parti, potrebbe riaprirsi la possibilità di un nuovo incontro tra Renzi e Berlusconi, anche se appare sempre più chiaro che il problema non è tanto convincere il Cavaliere, quanto superare le resistenze interne al Pd, di cui è alfiere Vannino Chiti.
e.g.p
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