Paolo Franci

ROMA, 25 GIUGNO 2014 - ORA che l’azzurro non c’è più, strappato via dal Mondiale per un arbitraggio sbilenco nella partita decisiva, ma anche e soprattutto per la mediocrità della squadra, si fanno i conti del crac.
Sul piano della competizione, l’Italia incassa dalla Fifa 7 milioni per la partecipazione e la preparazione al mondiale. Al vincitore andranno invece 25,7 milioni di premio, più la mostruosa ricaduta a livello di sponsor, diritti tv e ingaggi per le amichevoli. La finale vale invece 18,4 milioni, mentre terzo e quarto posto garantiscono rispettivamente 16,2 e 14,7 milioni. Il quadriennio chiuso malamente in Brasile, ma spinto dal secondo posto all’Europeo, ha fruttato alla Nazionale 286 milioni, dei quali 131 di sponsorizzazioni (70 dallo sponsor tecnico), 120 di diritti tv, 29 tra premi Fifa e Uefa, secondo i dati forniti dagli analisti di Sporteconomy. Gli stessi calcolano che nel prossimo quadriennio 2014-18, il calo degli introiti azzurri sarà attorno al 10-15% per effetto del mondiale disastroso e toccherà punte del 20% perché c’è minor possibilità di trattare sugli ingaggi per le amichevoli e nei rapporti con gli sponsor.

E POI c’è il merchandising — chi comprerà maglie e gadget azzurri? — e un prevedibile, forte calo degli investimenti pubblicitari per tv terrestri e satellitari. Senza contare il corto circuito di bar, pub, pizzerie, ristoranti, che speravano di far cassa oltre i primi di luglio. Ma, aldilà delle casse della Figc, è l’effetto sull’economia del Paese a rappresentare un’occasione perduta. Il premier Matteo Renzi aveva calcolato la ricaduta di una vittoria nel mondiale pari all’aumento del Pil dell’1%, circa 15 miliardi, con l’esportazione del Made in Italy a fare da traino, oltre all’impennata del turismo.
Certo, vincere in Brasile non sarebbe stato facile, ma anche nel 2006 si pensava che fosse impossibile immaginare Cannavaro con la coppa al cielo in mezzo a milioni di coriandoli. E invece accadde. L’effetto della notte di Berlino fu addirittura fenomenale.
Erano indubbiamente altri tempi. Il mondo ancora non sapeva che sarebbe finito nella morsa di una crisi tremenda, ma l’anno successivo al trionfo della squadra di Lippi, secondo Coldiretti, fece segnare numeri da record. La lancetta del Pil toccò quota 4,1% a valori correnti, mentre il numero dei disoccupati scese del 10%. L’effetto Berlino si allargò a macchia d’olio anche all’estero, dove il prodotto italiano fece registrare l’aumento del 30% per i prodotti artistici e culturali, le auto aumentarono le vendite del 16%, così come i macchinari, i cibi e le bevande toccarono un più 9%. Eppoi le scarpe e gli articoli di pelletteria che arrivarono a più 6%.

L’ITALIA nei tg di tutto il mondo, il mito di Totti, Pirlo, Buffon, Cannavaro, spinse anche il turismo, con un aumento del 3,5% delle presenze di turisti stranieri in Italia a caccia di monumenti e divertimento. Numeri che spariscono dietro alla faccia stralunata dei dimissionari Prandelli e Abete, e di una maglia azzurra mai così sbiadita.