Elena G. Polidori

ROMA, 26 giugno 2014 - NICHI Vendola non si tocca. Resterà alla guida di Sel almeno fino alla conferenza nazionale del partito che si terrà, probabilmente, a ottobre. La direzione del partito gli ha rinnovato la fiducia, respingendo le sue dimissioni. Ma la diaspora non si ferma. Tanto che ieri è stato forse il giorno più doloroso per il leader, da quello dell’uscita di Gennaro Migliore, prossimo alla candidatura a sindaco di Napoli in quota Pd.

A DIMETTERSI da Sel per andare tra i dem anche Sergio Boccadutri, tesoriere del partito e uomo di Vendola fin dai tempi di Rifondazione, di cui era sempre tesoriere. La sua lettera di dimissioni è arrivata ieri pomeriggio in direzione, anche se Boccadutri aveva anticipato la decisione al coordinatore politico del partito, Nicola Fratoianni, facendo così salire il numero degli scissionisti a otto, ma con possibili altre defezioni. Solo poche ore prima del tesoriere, infatti, avevano comunicato la volontà di lasciare Sel anche i deputati Fabio Lavagno, Alessandro Zan e Nazzareno Pilozzi. «Il Pd — ha intimato Vendola — la smetta di fare campagna acquisti». Ma il richiamo del vincitore è forte. E nonostante le condizioni e un’emorragia che non accenna a bloccarsi, per Vendola non si tratta di una vera scissione: «Una scissione si ha quando si coinvolge in una discussione strategica il partito; una separazione di alcuni parlamentari non è una scissione». Di sicuro, però, si tratta di un’operazione politica ben precisa, che nasce — a parere degli uomini più vicini a Vendola — proprio sotto l’attenta regia di Matteo Renzi; inglobando forze nuove da sinistra, il segretario e premier intenderebbe determinare lui stesso la propria opposizione interna, annacquando quello che oggi è il pur modesto potere dei Civati e dei Cuperlo che, non a caso, da qualche giorno stanno tenendo conversazioni sempre più frequenti con Vendola.
Ieri, per dire, Pippo Civati è salito sul palco della festa di Sel a Roma proprio accanto al leader e al neo deputato europeo Curzio Maltese.

INSOMMA, non solo molti che vanno verso il Pd, ma anche qualcuno che potrebbe essere pronto, come Civati, ad uscire dal partito per raccogliere, in un futuro non remoto, il testimone di Vendola alla guida di un soggetto politico di sinistra capace di superare l’esperienza di Sel anche sul territorio. «Stiamo continuando nel nostro percorso di sinistra aperta, curiosa, che mescola le carte — ha infatti confermato, in qualche modo, Vendola — non una sinistra degli sgabelli e delle poltrone». Un lavoro, dunque, che al momento s’intravede in controluce e che vedrà comunque, a metà luglio, quando si celebrerà l’assemblea nazionale di Sel, un primo assaggio con la prevista revisione di tutti gli assetti interni. Ruolo di Vendola compreso.