MAPELLO (Bergamo)
I VICINI
la sentono piangere. La notte dorme su un divano perché in casa adesso gli spazi sono risicati. Sono cinque i bambini che popolano l’appartamento di Mapello, giocano in giardino, gridano, si rincorrono, prima che qualcuno li richiami in fretta in casa appena un estraneo si materializza davanti al citofono. Marita Comi vive da nove giorni in casa del fratello Agostino, ha portato i tre figli, un maschio di 13 anni, due bambine di 10 e 8. Il pm Letizia Ruggeri ha autorizzato la moglie dell’uomo, in carcere per l’omicidio di Yara, a incontrare il marito. Si vedranno forse oggi, nella casa circondariale di via Gleno.
Nove giorni di incubo e di passione. I carabinieri ascoltano Marita Comi una prima volta subito dopo il fermo di Massimo Giuseppe Bossetti. La donna descrive a lungo il carattere riservato ma affettuoso del compagno, le sue abitudini di lavoro, sveglia all’alba, la giornata trascorsa interamente nei cantieri, lavoro duro, una pausa per una breve refezione, il rientro in serata.

NON RICORDA


cosa può avere fatto Massimo la sera del 26 novembre del 2010, dopo essersi allontanato da un cantiere di Palazzago, mentre Yara usciva dal centro sportivo di Brembate di Sopra, svoltava l’angolo fra via Locatelli e via Morlotti diretta in via Rampinelli, spariva. Di quella sera Marita Comi dice di non conservare memoria, di non ricordare neppure dove fosse il luogo di lavoro del marito.
Ancora un interrogatorio lunedì, a una settimana dal fermo di Bossetti. Marita si mostra sicura. Per tre ore risponde alle domande, numerose, stringenti. «Mio marito non è un assassino. Non è un pedofilo. Io gli credo». Ripete che dopo quel 26 novembre di quattro anni fa, è rimasto l’uomo di sempre, affettuoso, nessun sbalzo di umore, nessun mutamento di abitudini, sempre tenero con i bambini. C’è ancora un «non ricordo». La moglie di Massimo Bossetti sceglie il silenzio quando le viene chiesto chi usava i due computer di casa, quelli che in questi giorni incominciano a essere «aperti», per ora alla ricerca dei contenuti visibili, le mail, i siti visitati. Marita Comi nega anche che il marito frequentasse il centro estetico «Oltremare» di Brembate, che fino al 2010 si trovava nelle vicinanze della villetta dei Gambirasio. La titolare la contraddice e parla di almeno due visite a settimana.

POI INIZIERÀ


la ricerca di quanto è stato cancellato ed è sparito nell’hard disk. Stesso lavoro per i telefonini di Bossetti, dieci, un numero impressionante. Marita difende il marito. Duro, invece, attutito dalle pareti di casa, lo scontro con la suocera, Ester Arzuffi. La notizia che il Dna ha rivelato senza possibilità di dubbio che Massimo non era figlio di Giovanni Bossetti ma dell’autista Giuseppe Guerinoni, ha sconvolto Marita. «C’è il Dna. Perché non ce l’hai detto? Hai rovinato la nostra vita», urla la moglie del muratore di Mapello. Ester Arzuffi nega, decisamente, come non ha smesso di fare da allora. Negata ogni cosa, negato il Dna.
Ai pochi che sono riusciti ad avvicinarla, Marita Comi si è mostrata in tutta la sua dolorosa sicurezza: «Credo a mio marito. Adesso devo pensare a proteggere i miei figli».
Gabriele Moroni