ROMA
ALLA VIGILIA
di una settimana che per il governo si annuncia importante per le riforme e mentre sul nuovo Senato la fronda nel Pd (e nella maggioranza: ora sono 19 i ‘dissidenti’) pare crescere di qualche unità suscitando la reazione di Renzi — «mi sorprende che la minoranza riapra il tema» — si ravviva l’eterna lotta sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. E stavolta l’epicentro della crisi è la commissione Lavoro di Palazzo Madama.
TRA
gli emendamenti presentati nella mattinata di ieri al disegno di legge delega anche conosciuto come Jobs act è, infatti, comparsa una proposta, firmata da Scelta civica e condivisa da Ncd, che punta a rimettere mano alle norme sui licenziamenti nei contratti a tempo indeterminato. E nella maggioranza si è subito sollevato un polverone. Anche perché, direttamente dal Vertice europeo in corso in Belgio, Renzi ha fatto sapere di puntare con decisione all’approvazione del ddl entro fine anno. L’inattesa stoccata è arrivata da Pietro Ichino, giuslavorista ex Pd attualmente in Scelta civica. Il senatore vede la proposta, che vorrebbe rendere più facili i licenziamenti nel quadro del contratto a tutele crescenti, come un esito inevitabile: «Questa riforma del contratto a tempo indeterminato è resa ineludibile dal dl Poletti, perché nel momento in cui liberalizziamo il primo triennio del contratto a termine, se non rendiamo molto più flessibile anche il rapporto a tempo indeterminato, otteniamo il risultato che il contratto a termine diventi l’unica forma di assunzione».
Impostazione condivisa anche da un’altra anima della maggioranza: il Nuovo centrodestra. «L’unico modo per rilanciare la centralità del contratto a tempo indeterminato è rivedere le regole di fine rapporto, superando l’articolo 18 e lo Statuto dei lavoratori», dice Sergio Pizzolante, vicepresidente dei deputati del Ncd.

LA RISPOSTA


del Pd arriva dalla capogruppo in commissione Lavoro al Senato Annamaria Parente: «È chiaro, questo emendamento apre la strada a un intervento sull’articolo 18. Noi siamo contrari». Visione condivisa dal presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano: «Il Pd non è disposto a rincorrere visioni ideologiche sulle quali insiste il centrodestra e che non rivestono alcun interesse per le imprese».
La questione andrà sciolta rapidamente. L’esame di merito del provvedimento partirà martedì. La mediazione sembra possibile e sarà la strada da percorrere: «Tra Camera e Senato — ha detto ieri Renzi — sul tema del lavoro le posizioni abbracciano l’intero arco costituzionale». Comunque, va detto che «i numeri sulla riforma del lavoro sono ampi», anche se «cercheremo di ascoltare tutti».
Matteo Palo