Linda Meoni
UNA PROSPETTIVA
di vita più lunga e la soglia della vecchiaia che, progressivamente, si colloca sempre un po’ più in là. Ma per capire se e quanto davvero una persona possa sopportare carichi di lavoro stressanti nonostante l’età, spiega il professor Giuseppe Paolisso, presidente della Società italiana di gerontologia e geriatria (Sigg), è necessario conoscere lo stato di salute del soggetto.
Professore, ipotizzando per il Papa una condizione clinica quasi perfetta, può un uomo di 77 anni condurre uno stile di vita così denso di impegni?
«Restando nell’ambito teorico e non conoscendo la reale situazione, possiamo dire di sì. Diverso sarebbe il quadro di fronte a uno stato di salute perturbato, quando cioè anche una semplice influenza diventa motivo di stress e può richiedere un riposo anche prolungato. Non dimentichiamo che le capacità riabilitative di una persona di 77 anni sono ben diverse rispetto a quelle di una di 50. Tornare alla vita di sempre senza aver osservato un giusto riposo potrebbe esporre il soggetto a nuovi rischi in ragione della sua fragilità. E lo stesso discorso vale per il Papa».
Quand’è che si dovrebbe capire che è arrivato il momento di fermarsi?
«Necessaria, anzi tutto, una premessa: con l’allungarsi della prospettiva di vita, la vecchiaia cambia collocazione attestandosi intorno ai 75 anni. Detto questo, è vitale, anche in presenza di piccoli disturbi, lasciare che l’anziano prosegua le sue attività. Chi si vede privato dei propri impegni poi rischia infatti di scivolare in altri tipi di problemi, di natura depressiva. L’anziano fragile poi, interessato da disagi sia di salute che anche economici, è un’altra tipologia: mai privarlo del lavoro, ma ponderarne bene il carico».
Ci sono abitudini che più di altre possono incidere?
«L’alimentazione in primis, che sia il più semplice possibile. Che non contempli, in particolare, il consumo di cibi grassi che sono tollerati poco e male dall’organismo. Il tutto, naturalmente, auspicando l’astensione dal fumo».