PIERFRANCESCO DE ROBERTIS

ROMA, 29 GIUGNO 2014 - Nichi Vendola, facciamo prima di tutto un bilancio umano di questi ultimi quindici giorni di Sel.
«Il dolore appartiene non solo all’esperienza della vita privata ma è una componente di quella pubblica. Bisogna però vivere il dolore non come un’occasione per covare rancore e sentire pulsioni negative ma per riflettere sulle ragioni di fondo di fare politica».

A lei che cosa resta?
«Resta l’elemento fondativo della mia scelta di vita, cioé la mia libertà. Non aver mai fatto calcoli personali e di convenienza. Esco contento di non aver mai ceduto alle lusinghe del conformismo».

Pensa che i fuoriusciti da Sel possano dire lo stesso?
«Guardi, non voglio fare un discorso peronale. Alle persone io dico sempre: ‘Va dove ti porta il cuore’. Mi rendo conto anch’io che la narrazione di Renzi è forte e di successo».

Qui non è solo narrazione. Si parla di posti promessi a quelli che vi hanno abbandonato...
«Se ci sono aspetti di questo genere ognuno ne renderà conto alla propria coscienza. Non covo nessun sentimento negativo, nemmeno verso coloro ai quali ho voluto bene e che ho accompagnato nella crescita».

Come giudica i risultati del vertice europeo?
«Renzi non ha spostato di un millimetro i rapporti di forza e la politica dell’austerity, e purtroppo noto che il racconto dei giornali è del tutto diverso. Incredibile. Pare un successo. Sembra la Pravda».

Nel merito, la nuova Europa le piace?
«Abbiamo una classe dirigente europea da brivido, perché cerca di rimuovere la lezione del 25 maggio, far finta di niente. Popolari e socialisti hanno perso».

Al vertice di venerdì, Renzi con la Merkel ha fatto tutto il possibile per ottenere più flessibilità. Questo è un fatto.
«Mi dispiace ma non è così. Renzi ha chiesto più flessibilità che non vuol dire niente se la frase successiva è ‘non faremo come la Germania’. La teoria della botte piena e della moglie ubriaca in chiave europea non vale niente».

Lei non vuole più flessibilità?
«Se la flessibilità è la decadenza dei diritti, dal mio punto di vista non ha valore. Di fronte a questi ragionamenti mi chiedo: ma dove è la sinistra?».

L’hanno detto gli elettori: il 25 maggio Renzi ha preso il 40% e voi il quattro...
«Renzi ha preso il 40 e rotti perché è apparso dotato di una straordinaria verginità politica e perché rispetto a Grillo è sembrato un moderato».

A questo punto la vostra prospettiva politica sarà fuori dal governo...
«Ma io sono un uomo di governo! Sel governa la Puglia, il Lazio e tante altre realtà».

Quindi il discorso con Renzi non è chiuso?
«Se si rompe la gabbia dell’alleanza con la destra c’è la possibilità di discutere di tutto. Soprattutto ora che Grillo si è lucidamente spostato a destra, ponendo fine a una ambiguità. Il problema è che per adesso siamo al più stupefacente e spettacolare carosello di promesse mai visto. Renzi mi ricorda il primo Berlusconi, con la differenza che adesso l’Italia sta malissimo. Bisogna ragionare a partire dalle persone, dai giovani, dal ceto medio impoverito».

I rapporti con Renzi però ora come ora sono pessimi.
«Non è un problema di galateo, ma politica. Che però riguarda anche la natura del nuovo soggetto politico guidato da Matteo Renzi, per Civati autoritario. Non siamo al Partito democratico ma a un partito della Nazione fondato sul carisma di un leader, che è anche premier. Non ho nostalgia della riserva indiana o dei richiami identitari ma non ho neanche voglia di diventare come i cespuglietti della prima repubblica».