Silvia Mastrantonio
ROMA
I PRIMISSIMI

segnali c’erano stati a Capodanno e Pasqua li aveva confermati. Gli stranieri tornano in Italia, attirati dalle città d’arte come dalle spiagge, dalla natura come dalle tradizioni enogastronomiche. E, per una volta, si guarda all’estate con qualche punta di ottimismo. Le stime le ha fatte l’Agenzia nazionale per il turismo (Enit) che ha raccolto le indicazioni dei Tour Operator scoprendo che, dai mercati europei, si profila una crescita sostenuta soprattutto da Spagna e Russia ma anche da Francia e Portogallo. Si parla, per i turisti provenienti da questi paesi, di una previsione di aumenti oltre il 10%. Mentre il 5% di incremento si dovrebbe registrare per i visitatori dei paesi del Nord: Germania, Austria, Polonia e Regno Unito.

POSITIVE

previsioni anche per i flussi provenienti dal Medio Oriente, Asia e Oceania mentre un vero boom, con crescita oltre il 20%, per i turisti di Emirati arabi uniti, Cina, Corea del Sud. Segno ‘più’ anche per i viaggi da India, Australia e Brasile. In salita pure la passione americana per l’Italia che dovrebbe fissare un + 5%.
A riprova di queste anticipazioni, arriva da Pechino la notizia che parla di un aumento del 24% dei visti concessi a cittadini cinesi desiderosi di visitare l’Italia nei primi cinque mesi dell’anno. Nel 2013 i cinesi arrivati nel Belpaese sono stati 282.000, facendo dell’Italia una delle mete principali d’Europa. E anche se Coldiretti — al termine di una ricerca effettuata sulla base dei dati Eurostat 2013 — afferma che siamo un Paese tra i più costosi del Mediterraneo, lo splendore delle nostre coste e il valore artistico delle città sembrano, comunque, attirare stranieri.

NON A CASO


siamo al quinto posto nella classifica delle destinazioni turistiche più gettonate al mondo. E potremmo facilmente scalare la hit parade che ci vede davanti Francia, Spagna, Stati Uniti e Cina — secondo il Rapporto 2014 di Italiadecide — se si snellisse il lato burocratico collegato all’industria turistica. Meno leggi, più semplici, e saremmo in grado di riprendere il volo con un’industria turistica che vale almeno 161 miliardi di euro, il 10,2% del Pil. Proprio le lentezze, le tante normative incrociate e assurde hanno — dicono gli studiosi — determinato uno stop che ha significato meno 30% degli introiti legati al comparto nel decennio 2002-2012.
Ora le cose sembrano cambiate e in gioco non c’è solo la ripresa economica ma anche molti posti di lavoro. L’intera filiera culturale italiana — industrie culturali e ricreative e, soprattutto, turismo — ha mosso nel 2013 il 15,3% del valore aggiunto nazionale, equivalente a 214 miliardi di euro, dice uno studio elaborato da Symbola e Unioncamere. C’è di che riflettere.