Emanuele Bonini
BRUXELLES
CI SIAMO.

L’Italia torna ad avere la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea. Una prova di maturità attende un Paese ricordato per Silvio Berlusconi che, in occasione dell’ultimo semestre a guida italiana (2003), diede del ‘kapò’ all’allora deputato europeo Martin Schulz nell’Aula di Strasburgo. Proprio lì tra poco più di 24 ore Matteo Renzi avrà innanzitutto il compito di dimostrare quanto sia cambiata l’Italia in questi undici anni. Il presidente del Consiglio dovrà farlo attraverso il programma custodito gelosamente fino a oggi. Al di là di qualche anticipazione, l’agenda italiana è rimasta a Palazzo Chigi.
Il nuovo Parlamento e il semestre italiano cominceranno insieme domani, e Renzi dovrà avviare il percorso di lavoro nel migliore dei modi, conquistando mercoledì fiducia e credibilità in un Parlamento che con ogni probabilità sarà guidato dallo stesso Schulz.

IL PREMIER


sa che la presidenza italiana avrà un’altra valenza rispetto a quelle di altri Stati membri. «Sarà di transizione istituzionale», disse Renzi in una delle prime apparizioni da capo del governo a Bruxelles. Il rinnovamento delle istituzioni comunitarie impone uno stop all’iniziativa legislativa della Commissione, e i ministri italiani presiederanno le sedute sui dossier con iter di legge non ancora conclusi. L’Italia lavorerà dunque alle proposte legislative che si trova in eredità dalla presidenza greca, limitandosi a decidere quando e se calendarizzarle.
Dovrà dunque essere protagonista delle riforme a casa propria, se l’intento di Renzi è favorire la rapida designazione dei nuovi vertici Ue così da lavorare su crescita, occupazione e migrazione e flessibilità. Per tutto questo avrà bisogno di una sponda negli altri capi di Stato e di governo.

INTANTO


il sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, lavora a un maxi piano di investimenti da 240 miliardi all’anno per cinque anni. Avremo sei mesi per convincere la Ue a mobilitare il 2% del Pil europeo (più di 1.000 miliardi in cinque anni) per finanziare grandi infrastrutture, attingendo da risorse pubbliche europee e nazionali, fondi privati e grandi investitori. E nel frattempo il sottosegretario all’Economia Baretta assicura: «Non ci sarà alcuna manovra correttiva, lo escludiamo», rispondendo a chi ipotizzava un nuovo intervento sui conti pubblici richiesto da Bruxelles.