Elena G. Polidori
ROMA
ALLA FINE

è bastato togliere due parole, «tenuto conto». E quell’emendamento sull’elezione dei senatori su cui poteva franare tutta l’impalcatura del ddl Boschi, è tornato ad essere, per dirla con il relatore Roberto Calderoli, «democratico». Solo poche ore prima, lo stesso testo aveva fatto gridare l’esponente leghista al pericolo di «regime sovietico». Poi, dopo ore di confronto serrato, ecco la quadra, una nuova formulazione trovata nella riunione tra governo, maggioranza e Forza Italia. Che prevede che i senatori vengano eletti dai consigli regionali su base prettamente proporzionale, senza tener conto — ecco il punto — per esempio, dei premi di maggioranza utilizzati per la composizione dei consigli stessi. Questo per non svantaggiare troppo i piccoli partiti. Anche Alfano e Ncd hanno gradito.
Era il passo che mancava, il nodo da sciogliere in una giornata agitata, cominciata in mattinata con lo sbotto di Calderoli («Non troveremo un’intesa, si andrà all’Aula») e terminata con un voto finale con ampio mandato ai relatori. Il testo sarà in Aula il 14 luglio, lunedì prossimo. A favore, la maggioranza, Fi e Lega, anche se questo non significa che il testo sia al riparo da insidie. Il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, lo ha lasciato aperto a modifiche: «Noi viviamo un giorno alla volta, ma mi auguro che sia approvato entro l’estate». Soddisfatto anche il capogruppo Pd, Luigi Zanda: «È un primo importantissimo traguardo per una riforma che il Paese attende da oltre vent’anni».
«Siamo arrivati con una lunga discussione a un testo arricchito», ha precisato la presidente della Commissione Affari Costituzionali, Anna Finocchiaro, fatto che lo stesso Renzi ha commentato come «straordinariamente importante, non ho paura del voto dell’Aula». Insomma, viene confermata la composizione del nuovo Palazzo Madama con 95 senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali più 5 senatori nominati dal presidente della Repubblica che, però, resteranno in carica sette anni.
Però, si diceva, non tutto è destinato a filare liscio in Aula. Dalle parti di Forza Italia tira ancora aria pesante. Ieri al Senato, si è tenuta una riunione del gruppo, presiduta da Denis Verdini e Paolo Romani, incaricati dal Cavaliere di ridurre il più possibile la «fronda» interna, capitanata da Augusto Minzolini al Senato e dai «fittiani» alla Camera.

UNA RIUNIONE




segnata da momenti di grande tensione, che tuttavia alla fine ha portato Verdini ad assicurare che «sul voto in Aula non ci sarà resistenza», così come Romani ha ribadito: «Noi siamo gente che mantiene i patti, la dissidenza si sta assottigliando». Parole che sono suonate stonate all’orecchio di Minzolini: «E chi lo dice che ci siamo ridotti, siamo almeno in 24, due in più di chi ha firmato per chiedere un rinvio dell’Aula...».

SOLO

Berlusconi, nel vertice previsto per martedì, riuscirà forse a ricompattate il gruppo, ma anche Calderoli ha annunciato emendamenti in Aula: «Non sono d’accordo — ha detto — sulla regolazione del periodo transitorio, vedremo in Aula». Intanto è stata convocata una riunione straordinaria dei senatori del M5S che minacciano l’ostruzionismo ad oltranza. Sulla legge elettorale, invece, Renzi vedrà i grillini la prossima settimana.