Marinella Rossi
MILANO
«INTENTO

intimidatorio lampante» a rafforzare un «abuso colossale». Cultura giuridica, citazioni, perifrasi: lavate vie le corrività da processo per prostituzione. C’è molto della telefonata alla questura di Milano, notte fra il 27 e il 28 maggio 2010, nella requisitoria del sostituto pg Piero de Petris, e qualificata come concussione per costrizione esercitata da Silvio Berlusconi sui dirigenti di via Fatebenefratelli per ottenere il rilascio immediato di Karima El Mahroug-Ruby che poteva, come fu, inguagliarlo. E c’è molto meno della prostituzione della Ruby minorenne, quasi un assioma scontato, dimostrato da alcune centinaia di intercettazioni e dallo stato di Karima, che a Milano esercita «il meretricio», e che è condotta da Emilio Fede - «ben ne conosce la minore età» - fino alla porta di villa San Martino, dove Ruby trascorre con Silvio alcune notti del post-bunga bunga.
Sette anni di condanna dell’ex premier, in primo grado, appena un anno fa. E tali il pg chiede che restino ai giudici della seconda corte d’appello: «Non vi sono elementi positivi per la concessione delle attenuanti generiche: per i fatti contestati, il complessivo comportamento tenuto dall’imputato, il precedente della condanna Mediaset». Sette, più conferma dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici: «La severità del trattamento sanzionatorio è certamente innegabile ma adeguata». Adeguata perché, sfruttando «una circostanza palesemente falsa» - e cioè che Ruby potesse essere nipote del presidente egiziano Mubarak - l’ex Cav impartisce al dirigente della questura Piero Ostuni («chiamato a mezzanotte dal Presidente del consiglio») «un ordine volto a soddisfare un interesse non istituzionale, ma prettamente privato». Tutti, dal primo poliziotto che ferma Ruby per furto fino al capo Ostuni, sanno che la ragazza, «identificata e fotosegnalata», è marocchina, e si sospetta eserciti, da minorenne, la prostituzione. Doveva essere affidata a una comunità o sostare in questura. Ma improvvisamente «a Ostuni si prospetta “abbiamo un problema, le passo il presidente del consiglio”, cosa che equivale a dire, “tu, Ostuni, hai un problema”».
L’ex premier - che ieri subisce anche la richiesta di giudizio da Bari per induzione a mentire sulle escort nelle ville estive - «non si limita far valere l’

auctoritas, ma paventa il pericolo di un incidente diplomatico», usato «come una spada di Brenno». Cosa che - ben compresa da Ostuni - «denota anche un’inequivoca portata intimidatoria». Alla pressione il «malcapitato Ostuni cede nel timore fondato per la propria attività di lavoro». E accelera il rilascio di Ruby. L’avvocato Franco Coppi commenta: «Un’opera d’ingegno. Una bellissima difesa di una sentenza indifendibile».