ROMA
È FINITA
. Quando le ruote dell’aereo di Stato italiano hanno toccato terra a Roma, Meriam ha tirato un sospiro di sollievo. Il Sudan che l’aveva condannata a morte per apostasia (cioè per aver abbandonato la fede islamica) e a cento frustate per aver sposato in chiesa un cristiano (matrimonio considerato non valido ed equiparato all’adulterio) è lontano nello spazio e nel tempo. Per lei, Meriam Yahia Ibrahim Ishag, 27 anni, il marito disabile (cittadino sudanese e americano) Daniel Wani e i figlioletti Martin di un anno e mezzo e Maya, nata in carcere due mesi fa dalla mamma incatenata, è stato l’epilogo più atteso e desiderato. Epilogo che si è compiuto appieno quando la famigliola, dopo il saluto del premier Renzi — accompagnato dalla moglie Agnese — e del ministro degli Esteri Mogherini, ha raggiunto il Vaticano per essere ricevuta da Papa Francesco.
Meriam aveva detto, quando era rinchiusa in carcere perché cristiana, di voler incontrare il Papa ed è quello che è avvenuto, ieri mattina, a Santa Marta. Un saluto pieno di momenti intimi e teneri per incorniciare il «grazie» del Pontefice per la «testimonianza di fede costante» e degna di eroismo di questa ragazza la cui vicenda ha mobilitato il mondo. Meriam è rimasta dieci minuti con Francesco a tu per tu, e grazie all’ausilio del segretario di Bergoglio, monsignor Yoannis Lahzi Gaid che faceva da interprete, ha ricostruito la sua terribile storia.
L’ARRESTO

, la prima condanna a morte, il secondo verdetto e, quando pensava che fosse tutto finito, il nuovo fermo. Fino al riparo nell’ambasciata americana. Ad accompagnare la famigliola anche il viceministro agli Esteri Lapo Pistelli che è andato in Sudan a prenderla. Ora, dopo qualche giorno a Roma ospite del governo, la famiglia si trasferirà negli Stati Uniti. «Durante il volo — ha riferito Pistelli — Meriam è stata molto serena mentre la bimba piccola dormiva e Martin praticamente smontava l’aereo. Era consapevole e grata all’Italia. Abbiamo parlato molto di bimbi e pannolini». Papa Francesco ha ringraziato questa giovane nata da padre musulmano e convertitasi al cristianesimo, lei ha ringraziato Bergoglio per «il sostegno che ha sentito da parte del Papa e della Chiesa».
Di lei aveva parlato il premier nella cerimonia di inaugurazione del semestre di presidenza italiana a Strasburgo: «Se non c’è una reazione europea — aveva detto Renzi — non possiamo sentirci degni di chiamarci Europa» riferendosi a quella condanna a morte scaturita dalla volontà di Meriam di non rinnegare la propria religione. Ieri il presidente del Consiglio ha precisato: «Oggi siamo felici di chiamarci Europa».
Ora il prossimo obiettivo, si è lasciato sfuggire il viceministro Pistelli, è «riportare a casa i marò». Per loro il nostro governo, ha detto, «è impegnato pancia a terra».
Silvia Mastrantonio